I migliori 20 momenti del Marvel Cinematic Universe, Parte II (10-1)

Dopo esser rimasti con il fiato sospeso dopo la prima parte dei momenti più spumeggianti del Marvel Universe, proseguiamo il nostro percorso tra picchi di testosterone alternati a lacrimoni virili.

10) Combattimento nella valigetta (Ant Man)

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Dopo il trenino Thomas, Ant Man e il Calabrone hanno continuato a dare spettacolo.

Stavolta dentro una valigetta.

Avreste mai pensato che si potesse rendere epico un combattimento tra supereroi con i Cure?

9) Hulk vs Hulk Buster (Avengers: Age of Ultron)

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Come si può fermare Hulk?

Tony Stark trova risposta ad una domanda che apparentemente non dovrebbe averne.

Dopo l’incontro con l’alter ego violento di Bruce Banner, Tony pensò a due cose:

La prima è inserire nella sua Mark un sistema che permettesse di espletare le funzioni fisiologiche dopo essersi cagato sotto vedendo Hulk spaccare tutto; la seconda è trasformare una Fiat Multipla in una armatura che possa bloccare i suoi cazzotti.

Considerando che Tony lo riempiresti di schiaffi dalla mattina alla sera per la sua arroganza ed ostentazione della ricchezza, la Hulkbuster è l’idea migliore che potesse avere. E lo ha dimostrato alla grande al momento della pratica.

8) Conosci i suoi (Spider-Man: Homecoming)

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Conoscere i genitori della tua ragazza è uno di quei momenti che ti mette in crisi. Figurarsi se sei Peter Parker e hai un’identità da nascondere.

Purtroppo, il padre della tipa che hai invitato al ballo è proprio il tuo acerrimo nemico. Ma lui non sa chi tu sia veramente. Forse.

Il confronto formale tra il nostro eroe e l’Avvoltoio genera doppiamente imbarazzo e sgomento.

È il peggior scenario ipotizzabile per Peter che dimostra, per la prima volta, la sfiga cosmica che affligge storicamente l’amichevole Spider-Man di quartiere.

7) L’ascensore (Captain America: Winter Soldier)

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Prendere l’ascensore con altre persone può rivelarsi imbarazzante. Sei costretto all’interno di una scatola di lamiera con altre persone, in attesa di giungere a destinazione. Le conversazioni poi sono sempre scadenti e forzate. Si condivide uno spazio limitato in cui, inevitabilmente, si invade la distanza minima tollerata da un estraneo.

Cap ha vissuto il massimo del disagio.

In un momento che non poteva fidarsi di nessuno, prende l’ascensore con tizi decisamente poco raccomandabili. E a cui sicuramente puzzavano pure le ascelle.

Intollerabile. Ma in quanto gentleman, Steve chiede prima ai presenti se qualcuno volesse uscire prima che il suo piede venga parcheggiato a pettine nel loro culo.

Cap diventa un tornado di botte in uno spazio in cui a malapena potrei riuscire a scaccolarmi senza sbattere il gomito sulla pulsantiera dell’ascensore.

6) “I am Iron Man” (Iron Man)

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Quel figlio di una buona donna ce l’ha fatta ancora.

Credo che nei miei articoli avrete notato un pochino di astio nei confronti di Iron Man.

Eppure è un personaggio che ricorre frequentemente nei momenti più significativi del Marvel Universe.

Il problema è che è un fottuto genio. Va in giro con una cariola di carisma. E dopotutto amo odiarlo.

Il primo film di Iron Man non poteva avere una conclusione più autocelebrativa, vanagloriosa e cazzuta come questa.

Una semplice frase che abbatte ogni barriera che divide la persona dal suo alter ego, in barba all’identità segreta dei supereroi.

5) Captain America vs Iron Man (Captain America: Civil War)

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Qui ho temuto il peggio.

Eppure ho pregustato questo momento sin da quando Cap e Iron Man sono approdati nell’universo Marvel, con le prime frecciatine e scaramucce.

In Civil War abbiamo potuto osservare due ideologie contrapposte, che ha generato una frattura tra gli appassionati, chiamati a schierarsi in un conflitto dove non vorremmo mai dover scegliere da che parte stare.

Ovviamente non è una questione che poteva esser risolta con una partita a briscola. Andava risolta con il testosterone.

E le botte ci sono state. Tante. E forti.

Probabilmente è il combattimento più significativo del Marvel Universe cinematografico. Nel mio quore, lo preferisco anche al blasonato scontro all’aeroporto.

Ma a quello ci arriviamo tra poco, non temete

4) Groot balla Mr Blue Sky (Guardians of the  Galaxy Vol. 2)

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Nei giorni che ci hanno diviso dalla prima alla seconda parte della top 20, voi nerd dalla verginità prorompente avete intasato la mia mail per l’assenza dei Guardiani della Galassia nell’articolo con insulti inenarrabili ed incomprensibili a chiunque non abbia perso la vita come noi voi a vedere Star Trek.

Ma avevo previsto la reazione scaturita dalle vostre mani slumacate diteggiare furiosamente sulla testiera unta dopo aver letto il mio articolo.

Vi bastava solo aspettare un attimo perché, per quanto vi sorprenderà saperlo, ho una vita sociale in cui bevo molti cappuccini. Da solo.

Tralasciando la mia privacy, ci sarebbero tanti, piccoli, grandi momenti che vedono protagonisti i Guardiani, tant’è che sarei addirittura tentato a creare una personale top dedicata interamente a loro.

Non potevo esimersi dall’inserire, ai piani alti di questa classifica, la miglior sequenza iniziale che sia mai stata ideata per un film Marvel.

Baby Groot balla felicemente nel caos, ignaro dei pericoli che lo circondano mentre i Guardiani, al loro solito, rischiano la pelle per una grossa taglia su un tentacolare mostro galattico.

3) “We are Groot.” (Guardians of the Galaxy)

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Ancora i Guardiani della Galassia, ancora Groot.

Ma come si può resistere ad un albero galattico doppiato da Vin Diesel che ripete soltanto “Io sono Groot”?

Risposta: non si può.

Questo è l’unico momento in cui pronuncia un’altra, nuova, significativa parola.

“Noi siamo Groot.”

E basta ciò per rimanere incantati e sentire il cuore stretto dalle sue radici, in un tenero abbraccio.

2) Combattimento all’aeroporto  (Captain America: Civil War)

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Dopo averli visti uniti per salvare la Terra, ora li ritroviamo divisi per una scaramuccia interna.

Botte da orbi all’aeroporto di Ciampino.

Abbiamo sempre un po’ fantasticato, tra Pringles alla paprika e bicchieri di Sprite, a fare i protonerd dibattendo su chi fosse il più forte tra i supereroi, cosa accadrebbe se si sfidassero.

E si sfiora il ridicolo peggio di una scena di Big Bang Theory.

Fortunatamente alla Marvel stanno pure peggio di noi e ci accontentano con una sequenza di mazzate che genera uno smarmellamento nelle mutande.

Qui c’è l’esordio assoluto di Spider-Man prima di Homecoming e di Black Panther… prima di Black Panther.

1) *Snap* (Avengers: Infinity War)

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Scontato?

Probabilmente sì, ma non poteva andare altrimenti.

Thanos ha cambiato (per sempre?) il Marvel Universe con uno schiocco di dita. Dimezzandolo.

In un attimo, ha cancellato anni di sogni, speranze, rendendo polvere i nostri beniamini.

Senza scrupolo, senza una selezione.

Io sto ancora in terapia dopo quel giorno.

 

 

Come tutte le cose belle, finisce anche questa top 20, rimandandovi ad un ipotetico terzo articolo su tutti i momenti che non hanno trovato spazio qui ma che meritano comunque di essere minzionati. 

 

I migliori 20 momenti del Marvel Cinematic Universe, Parte I (20-11)

Ci divide poco meno di un mese da Endgame, il prossimo (ed ultimo?) film degli Avengers.

Per non arrivare impreparati a questo grande evento, ho deciso di raccogliere i momenti più significativi, divertenti ed iconici delle 21 pellicole che ci hanno accompagnato nel corso degli anni.

Dall’esordio di Iron Man nel 2008 sino al recentissimo Captain Marvel, faremo un excursus nel mondo cinematografico dei supereroi.

Per ovvie ragioni, vedrete l’esclusione di ogni altro film che non sia canonico per l’attuale Marvel Universe. Non vedrete dunque: X-Men, Ghost Rider, le due pellicole dedicate ad Hulk, la trilogia di Spider-Man sceneggiata da Sam Raimi, Amazing Spider-Man, Venom, Fantastici Quattro (né il binomio cinematografico di metà anni 2000, né quella porcata del 2015). Potessi, aggiungerei Iron Man 3.

Se non avete visto tutti i 21 film, potreste incorrere in alcuni spoiler.

Ma soprattutto, dovreste correre a vederli, cialtroni.

 

20) Tutti provano a sollevare Mjolnir (Avengers: Age of Ultron)

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Nei momenti di sollazzamento, i supereroi sanno dedicarsi ad attività in cui si concentrano quantità massicce di testosterone, tra small talks, bicipiti pompati e risatone alla Mara Venier.

Ci fu quel momento in cui Mjolnir provò ad essere sollevato a turno dagli Avengers presenti in quele sane fasi di cazzeggio. Thor se la rideva beatamente a veder fallire miseramente tutti finché quel manzo di Steve Rodgers tentò l’impresa.

Pur non riuscendoci, si avvertì un impercettibilissimo spostamento del martello, con un suono che stride ancora nei timpani del Dio del Tuono.

Fine delle grasse risate, torniamo a dare le botte ai cattivoni.

19) Il funerale di Fridda (Thor: Dark World)

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L’addio alla madre di Thor è stato commovente e solenne. Poste le membra su una barca, Fridda è stata condotta nell’al di là accarezzata dall’eterno torrente di Asgard, prima che il suo scranno funereo fosse fatto ardere dalle fiamme delle frecce scoccate dagli arcieri norreni.

Commento di mia madre: voglio pure io un funerale così.

18) Steve incontra Peggy Carter (Capitan America: Winter Soldier)

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Rimasto ibernato per oltre 70 anni e scongelato come una confezione di Sofficini, Steve Rodgers ha ritrovato un mondo nuovo, diverso rispetto a quello che fu all’epoca dell’invasione nazista.

Steve dovette fare i conti con l’inevitabile passaggio degli anni per tutte le persone che conobbe prima del suo ultimo volo. Tra di loro, ancora in vita, c’era Peggy Carter.

La visita all’agente Carter è straziante. Ormai anziana, con il viso solcato dall’incessante passaggio del tempo, Peggy ricorda ancora Steve. Per poi dimenticarsene qualche attimo dopo.

Dovettero evacuare la sala per il torrente di lacrime che scese dai miei occhi.

17) Peter deve farcela da solo (Spider-Man: Homecoming)

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Spidey è seriamente nei guai per la prima volta. Ed è solo. Nessuno è lì per aiutarlo, per intervenire. E rischia di essere schiacciato.

Questo è un momento che mi diede i brividi in sala perché richiamò una scena iconica dei fumetti di Spider-Man (avvenuta esattamente in Amazing Spider-Man #33)

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Brividoni per me e il nerd dal ciuccetto unto che era seduto nella quarta fila in basso, defilato.

16) Il Trenino Thomas  (Ant-Man)

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Ant-Man ha estratto dal cilindro della creatività una moltitudine di idee geniali. Tanto da trasformare il trenino Thomas in una minaccia.

Durante il combattimento contro Calabrone, il nostro supereroe e il supercattivone si affronteranno nella cameretta della piccola Cassie, figlia di Ant-Man.

Rimpicciolitissimi, ogni giocattolo sarà un ostacolo. O un’arma.

L’epico scontro sul treno finirà con Calabrone investito da Thomas.

 

15) “I’m always angry” (Avengers)

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Pur essendo stato introdotto soltanto in Avengers, Hulk approdò al cinema già in passato con due film, non ritenuti canonici per il Marvel Universe e perciò aggiunti nella mia personale banned list. Sta di fatto che, considerando il rilascio relativamente remoto ed essendo le più recenti trasposizioni cinematografiche del Golia Verde, per tutti Hulk è Edward Norton o l’altro che vattelo a pesca, diventa grosso e spacca tutto.

Nel marasma di Avengers, col cambio di attore (in favore di un timido Mark Ruffalo), trovare tempo per caratterizzare Hulk tra tante prime donne è impresa ardua. Devi abbattere (ma tentando di mantenere) lo stereotipo dell’omone che ti scassa di botte quando perde le staffe, che sia per l’incompetenza dei tizi agli sportelli della posta o per la cancellazione della serie Netflix che tanto ti piaceva.

Una frase. Ciò è bastato per dare un’identità ad Hulk, farci conoscere i suoi demoni. È sempre incazzato.

La vita è una costante fila alle poste.

14) Il viaggio cosmico di Doctor Strange (Doctor Strange)

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Doctor Strange ha permesso alla Marvel di introdurre la magia e la componente cosmica nel suo universo cinematografico. Poco prima, colse l’occasione in Ant-Man per mostrarci il regno quantico.

Sono elementi che gli spettatori più disinibiti potrebbero dare per scontato (pur rimanendone affascinati) ma che in realtà sono delle condivisioni importanti per arricchire ed implementare il mondo supereroistico attraverso argomenti complessi.

In Doctor Strange, quella stramboide de “The Ancient One” non raccontava frottole che potreste sentire da una stralunata al Naturasì che compra la quinoa prima di andare a fare yoga.

I suoi insegnamenti zen rappresentano una filosofia da metabolizzare. Non sono solo stronzate tantriche. E sentire questi argomenti trattati in un film Marvel mi ha certamente stupito.

Indipendentemente da ciò, i trip cosmici di Strange vi mandano il cervello in poltiglia. Forme e colori derivate dalla eredità di Jack Kirby, come se fossero state travasate dalle splash page dei fumetti dello Stregone Supremo. C’è da perdersi e rimanerne esterrefatti.

13) “I could do this all day” (Captain America: First Avenger)

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Steve Rodgers non è diventato Capitan America dopo l’iniezione del supersoldato.

Steve Rodgers è sempre stato Capitan America.

È uno di quei casi in cui supereroi si nasce, anche se può sembrare che Steve sia stato predestinato.

Ciò che lo rende Capitan America è la risolutezza, la volontà, l’ideale.

Steve appare fragile e mingherlino, proteggendosi dietro un coperchio di una pattumiera. Ma la natura del supereroe gli apparteneva già, anche se più debole.

E non si fa certo intimidire da un prepotente cafonissimo.

12) Tony Stark crea la Mark I (Iron Man)

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Quando il genio, miliardario, playboy, filantropo fu rapito dai terroristi dopo che gli venne la brillante idea di fare un’escursione nel deserto dove c’erano più armi Stark che granelli di sabbia, quel buontempone di Tony dovette rimboccarsi le maniche e diventare McGuyver per evadere da quella topaia che non si confaceva affatto al suo stile di vita da cafone.

Ingegnandosi, riesce a costruire la gloriosa Mark I adoperando un ferro da stiro ed una spillatrice.

L’evasione trai mortaretti, indossando quella scatola di fagioli, porta alla nascita di un nuovo Tony Stark; stufo e pentito di vendere armi con cui la gente si ammazza (lo scopre solo in quel momento), decide di intraprendere una svolta pacifista e stare a posto con la coscienza. Giustamente, si costruisce altre armature per andare a sparare i missili in Medio Oriente.

Cosa non fa una settimana senza vasca idromassaggio e un tuffo tra le risorse auree come Zio Paperone.

11) Visione solleva il Mjolnir (Avengers: Age of Ultron)

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Poco fa parlavamo proprio di Mjolnir.

Se Thor sudò freddo quando Steve spostò di un millimetro il suo martello, qui la reazione fu tragicomica.

Risate e sgomento in sala. Thor diventa più bianco del Galbanino.

Visione si presenta così, alzando Mjolnir come se fosse una delle riproduzioni che trovate da Rocco Giocattoli. Perché tra le sue mani, sembra un giocattolo.

E con questo chiudiamo. Per ora.

Aspettatevi altri 10 grandi momenti tratti dai film Marvel.

Nel frattempo, approfittatene per lamentarvi delle scene assenti diteggiando sulla tastiera zozza di kebab con le vostre mani slumacate.

 

 

Ha senso parlare ancora di Killer Application?

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Killer application indica un titolo che sia rappresentativo ed esclusivo per la console a cui appartiene, tanto da portare l’utenza ad acquistare il suddetto sistema anche solo per quel gioco.

Il termine è ormai decaduto, considerando la dilagante presenza di multipiattaforma.

Eppure, le esclusive esistono ancora.

Cos’è cambiato rispetto al passato?

Inizialmente, ciò che le console tentavano di emulare era l’esperienza del cabinato. Tale trasposizione appariva più complessa di quel che potrebbe sembrare oggi, tenendo da conto la quantità di contenuti che riuscivano ad essere incorporati nella versione arcade.

Non sempre infatti queste conversioni avvenivano fedelmente, ma poteva essere comunque motivo di vanto riuscire a supportare un sistema complesso su una console casalinga, comprimendo in una cartuccia le emozioni della sala giochi, da vivere comodamente in salotto.

In questo caso, le killer app venivano rappresentate da traslazioni dei titoli arcade più gettonati. Ma esistevano anche titoli esclusivamente legati ad una console.

 

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Potremmo definire Super Mario Bros. come la prima killer application.

Dato il sistema di gioco innovativo ed immediato che proponeva, la sua esclusività per NES veniva notevolmente rafforzata.

Il dilagante successo di Super Mario portò Nintendo ad affidarsi alla sua nuova mascotte, per quel che tutt’oggi rappresenta uno dei personaggi videoludici più prolifici, esclusivamente legato alla società di Kyoto.

L’antagonismo nacque con l’avvento di Sonic in cui SEGA generò una spietata guerra contro Nintendo per il dominio del mercato.

Attraverso slogan accattivanti e decisamente eloquenti, la società rappresentata dal porcospino blu sottolineava ogni suo successo in ambito videoludico, soprattutto per quel che concerne il progresso tecnologico.

 

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SEGA bombardò a tappeto le riviste del settore con advert sprezzanti e provocatori. Ma era anche una guerra di esclusive laddove l’ago della bilancia pendeva in base ai prodotti più ambiti e bramati che venivano supportati dalle console delle rispettive case di produzione.

La valutazione sull’acquisto di una console – dal costo importante – veniva proprio effettuato in base a ciò che la line-up offriva.

Sonic correva a velocità impressionante esclusivamente su console SEGA. Oltre il porcospino blu, la società di Tokyo offriva al pubblico altri titoli ricordati con piacere dalla sua utenza, quali Street of Rage, Golden Axe, Phantasy Star, Space Harrier etc.

Nintendo, dal canto suo, proponeva delle esclusive ritenute delle killer app, sopravvissute ad ogni generazione successiva: The Legend of Zelda, Metroid, Kirby, Yoshi etc.

Lungi da me dal prendere posizione su questo storico confronto, è però interessante considerare come all’epoca ogni titolo potesse avere un peso che influiva notevolmente sulla bilancia.

Rapportato ad oggi, ogni confronto appare sterile e privo di contenuti.

Forse non ci accorgiamo che siamo in un’epoca videoludica in cui l’acquisto di una console a discapito di un’altra può risultare pressoché ininfluente per la scelta dei titoli.

Le line-up delle console presenti attualmente sul mercato sono sostanzialmente identiche.

Ora l’acquisto di una console è principalmente dettato da altri fattori che possono scindere dal concetto di esclusive, riducendosi spesso a semplici preferenze. Prima invece, andava scrupolosamente analizzato ogni fattore per non precludersi dei giochi a cui si era interessati.

Nell’attuale generazione, l’ultima killer app per cui è dipeso l’acquisto di una console a discapito di un’altra è stata Bloodborne.

In una fase di costruzione in cui Microsoft e Sony stavano iniziando ad inserire i propri tasselli per comporre un mosaico che mostrasse le potenzialità della propria console all’utenza, Sony fece leva sul successo della serie Souls aggiudicandosi un’esclusiva di From Software che fosse addirittura uno stand-alone, pur discostandosi per lo stile dai precedenti sviluppi mantenendo ugualmente la formula di gioco plasmata con l’esperienza maturata.

Ciò bastò per far vertere l’attenzione del pubblico verso Playstation.

Microsoft stava rilasciando – ed aveva in programma – più esclusive di Sony, ma qui veniamo alla definizione di killer application.

Facendo un confronto che potreste ritenere improprio, Sunset Overdrive è un’esclusiva Microsoft; Bloodbourne è una killer app Sony.

Ora viene dato per scontato – se non addirittura dovuto – che Sony rilasci con frequenza produzioni importanti che siano esclusive. Eppure in un confronto generazionale diventato univoco neanche sarebbe necessario ingraziarsi l’utenza con rilasci così imponenti.

Già nella generazione precedente, in cui iniziò la promiscuità con il passaggio sulle console Microsoft di quelle che furono esclusive Sony – vedi Final Fantasy e Devil May Cry -, il concetto di killer app iniziò a divenire evanescente.

Le esclusive però sussistevano e caratterizzavano le rispettive piattaforme. Sopratutto la società americana cercava di rimpinguare la line-up di Xbox 360 con progetti che rimanessero rilegati alla sua console.

Purtroppo molte furono esclusive. Temporanee.

Anni dopo passarono – in sordina – anche su PS3. L’obiettivo di Microsoft era tentare di conquistare l’utenza giapponese, da sempre restia a prestare attenzione a Xbox seppur ci fossero state titoli appetibili come Ninja Gaiden e Dead or Alive.

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Nel 2006, Microsoft decise di lanciare Lost Odyssey, il primo (e unico?) titolo per 360 ad entrare nella top settimanale di vendite in Giappone. Traguardo più complesso di ciò che possa sembrare, considerando la tendenza del pubblico nipponico.

Fu uno dei tanti progetti finanziati a peso d’oro da Microsoft. Seguirono una sfilza di jrpg sviluppati dalle major giapponesi: Blue Dragon, Infinite Undiscovery, The Last Remnant etc.

Poi ci fu il sodalizio tra Microsoft e Capcom che portò – oltre alle trasposizioni di Resident Evil, Street Fighter ed altri importati brand – alla produzione di esclusive quali Dead Rising e Lost Planet, scomodando una mente creativa del mondo videoludico quali Keiji Inafune.

Bastò a Microsoft per innalzare le vendite in Giappone? Niente affatto.

360 fu un flop commerciale in Oriente con timidi incrementi di vendite giunti in concomitanza con i rilasci dei titoli più accattivanti per il suo esigente pubblico. Ad oggi rimane una line-up deliziata da perle nipponiche apprezzate più dai giappofili occidentali piuttosto che dal pubblico giapponese.

Microsoft credeva di aver prodotto delle killer app? È probabile, giudicando dai costi e i team di sviluppo implicati nei progetti, in quel che sembra uno scellerato e disperato tentativo di conquistare una fetta di pubblico certamente influente.

Piuttosto andò decisamente meglio con l’avvento di Gears of War per quel che fu il gioco che spostò gli equilibri.

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GoW era la killer app per eccellenza dato che incarnava la potenza grezza della nuova generazione, messa al servizio di un blood feast scatenato dal testosterone.

A parer mio, neanche Halo ebbe questa risonanza seppur Microsoft fu abile nell’alimentare l’hype dopo il roboante annuncio all’E3 2006.

Con Gears of War, Microsoft confermò il suo status quo, approfittando della iniziale defiance derivata del lancio tardivo di PS3 sul mercato occidentale. Sony arrancava e le esclusive erano ancora flebili nella prima parte del suo ciclo vitale.

Produzioni come Heavenly Sword non bastarono. Dovette giungere Metal Gear Solid 4, epilogo della serie di Kojima, a richiamare l’attenzione verso una console che aveva già i riflettori puntati su di sé ma che necessitava di giustificare il costo di 599€, a fronte dei prezzi competitivi della “Wii60 family”, ovvero: l’acquisto di 360 e Wii equivaleva a quella di una Playstation 3.

L’unica, vera killer app di Sony della generazione precedente rimane The Last of Us, giunta soltanto nel 2013 quando PS4 era già stata annunciata.

Eppure, senza quelle che possono essere ritenute delle killer app granitiche – o comunque, senza la frequenza nei rilasci a cui siamo stati abituati oggi – Playstation 3 chiuse con un bilancio record, producendo oltre 80 milioni di unità.

Quale fu la killer app più influente della storia videoludica?

Il 1997 è identificabile come l’anno zero dell’epoca videoludica moderna dato il rilascio di Final Fantasy VII. La storia narra che il progetto di Squaresoft (attuale Square Enix) non sarebbe potuto essere integrato in una cartuccia (del Nintendo 64), considerata la capienza del progetto. Perciò Square decise di migrare su Playstation che accolse uno dei titoli più importanti di sempre in 3 (!!) CD.

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Si chiuse qui la partnership tra Nintendo e Square dopo 6 capitoli sviluppati in esclusiva su NES e SNES.

Nintendo ebbe comunque delle esclusive importanti. Basti pensare a Super Mario 64 ed Ocarina of Time, per citarne giusto un paio.

Non sappiamo come sarebbe cambiata la storia se Final Fantasy VII fosse stato rilasciato su Nintendo 64. Di certo, l’esclusività del titolo Square ha inciso notevolmente sul successo di Playstation, prima che giungessero altre killer app come Crash e Spyro. Solo ora FFVII arriverà su una console Nintendo.

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Ed ora?

Dopo questo viaggio a ritroso del tempo, ha senso oggi parlare di killer application? Non più. Il significato ormai si è gradualmente dissolto.

Se prima le console si affannavano nel tentare di coprire il divario con il PC, ora questo distacco non è più percepibile, indipendentemente dalle prestazioni che possono essere raggiunte da un computer.

Trovo che fossero due mondi diametricalmente opposti già da prima. Erano comunque presenti molti titoli condivisi ed ogni piattaforma di gioco aveva le sue esclusive, invidiate ma compensate da altri nomi che non facevano pentire dell’assenza di un PC o di una console casalinga.

Anche Half Life 2 arrivò su Xbox attraverso una miracolosa conversione laddove si credeva fosse impossibile. Così come, seppur con un po’ di attesa, giunsero nello stesso periodo GTA, Devil May Cry 3, Resident Evil 4 ed altri titoli ambiti dai possessori di un PC.

Ora che le barriere sono abbattute e che le release sono costanti, per tutte le tasche e rese accessibili, le killer app risiedono in quei titoli che ci portano ad un acquisto di una piattaforma, senza considerare l’esclusività.