Le top (inutili) della domenica: i 15 nemici di Super Mario preferiti (eccetto Bowser)

Con più di una storia trentennale alle spalle, l’idraulico baffuto ha dovuto affrontare miriadi di nemici diversi che lo dividevano dalla Principessa Peach, in perenne condizione di rapimento.

La domandona di questa ennesima giornata estiva è: Quali sono gli sgherri di Bowser più memorabili? Ma parlo anche dei cazzilli che circolano per il Regno dei Funghi, non necessariamente i boss della fungia.

Non avendo nulla da fare in questa giornata di bighellonamento, mi sono dilettato in una top 15. Tanta è la noia. Ho rovistato tra tutti i giochi di Super Mario facendo una cernita dei nemici più buffi, nostalgici, ostici e particolari.

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Alcuni da cui ho tratto ispirazione. Non sono tutti ma accontentatevi.

 

 

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15) Rex (Super Mario World)

Il primo dei poracci ad essere inserito nella top è Rex, sfigato dinosauretto più coriaceo di quel che sembra. Saltandogli in testa, uno si aspetta che schiatti. E invece no.
Lui continua a sgambettare, recidivo, ma schiacciato a metà.

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Starà a voi decidere se lasciarlo vivere in questa miserabile condizione oppure dargli l’ulteriore colpo di grazia rizompandogli addosso.

 

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14) Mouser (Super Mario Bros. 2 aka Super Mario USA)

Mouser è un pezzentissimo boss del controverso Super Mario Bros 2 che, di stranezze, ne ha tirate fuori parecchie (ed è per questo che lo adoro), tanto che si potevano permettere di mettere un topo con gli occhiali da sole (capirete tra poco perché li indossava, non solo per apparire più ganzo) che aveva delle catapulte al posto delle mani, considerata la velocità con cui lanciava le bombe.
Ad ogni esplosione, si incorre in un attacco epilettico dato l’effetto sparaflashoso che generavano (spiegato il motivo degli occhiali).
Questo maledetto andava ripagato con la stessa moneta, rilanciandogli le sue stesse bombe appresso (facendogliele esplodere in faccia, possibilmente)


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13) Blargg (Super Mario World)

Non lasciatevi trarre in inganno dalla sua espressione da beota: Blargg è uno tosto.

Il suo compito è quello di mordervi le chiappe quando attraverserete la magione di Bowser.

Se tu che ora starai leggendo questo entusiasmante articolo devi aspettare 3 ore per farti il bagno al mare dopo aver mangiato prosciutto e melone, Blargg può nuotare nella lava anche dopo aver trangugiato una peperonata e sgargarozzato chinotto ghiacciato, in barba alla congestione.

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Dopo la sua prima apparizione in Super Mario World, non sorprende che Blargg sia stato richiamato dal boss con il guscio a spilli per sguazzare ancora nei fiumi di lava, a difesa del suo castello. Neanche il tempo di fare domanda all’INPS per la disoccupazione.
Molteplici le sue comparse, anche nelle avventure più recenti:

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Super Mario Galaxy

 

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Super Mario 3D World

 

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E anche in Yoshi’s Island

Ma il nostro preferito è sempre quello originale:

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Col suo sensualissimo strabismo di Venere

 

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12) Super Koopa (Super Mario World)

È un aereo? Una tagliatella volante? No, è Super Koopa!
Dotati di mantello, un Koopa non potrebbe volare, ma lui non lo sa e vola lo stesso.
Sfreccia tra i cieli del Regno dei Funghi in canotta, senza mutande, col suo fisico da giocatore di bocce.
Acciaccandolo, non solo infrangeremo il sul sogno facendolo tornare ad essere un normalissimo Koopa, ma potremo acquisire uno dei power up più fighi del mondo di Super Mario:

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‘a piuma!

Che ci permetterà di svolazzare a nostra volta per tutto il livello!
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11) Hooktail (Paper Mario: Il Portale Millenario)
Hooktail (meglio conosciuta da noi mangiatori di spaghetti come Crimilde) è una draghessa che terrorizza gli abitanti di Borgofiore, tranquilla cittadina popolata dai Koopa che se la fanno nel guscio al sol pensiero che arrivi lei a far merenda.
Ovviamente interverrà Mario per risolvere la faccenda, arruolando Koops (italianizzato in Koopaldo) per far capire alla draghessa che mangiare tartarughe non è etico e che risultano pesanti la sera per la digestione.
Il dettaglio curioso è che Hooktail, apparentemente invincibile, ha un impensabile punto debole: il gracidio di una rana.

 

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10) Chargin’ Chuck (Super Mario World)

Come una vera squadra di football, i Chargin’ Chuck si dividono in ruoli per tentare di intralciare la nostra scampagnata nel Regno dei Funghi.
C’è chi corre, chi zompa; chi, confuso, ci lancia palle da baseball (!?)
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La loro disorganizzazione e tenacia li porta ad essere uno dei nemici più duttili delle avventure bidimensionali di Super Mario, considerando la quantità di ruoli che ricoprono.
Dopo lunghi anni di assenza dai verdeggianti prati in cui rincorrerci e azzardare improbabili schemi, la squadra di football è tornata per romperci gli zebedei anche in Super Mario 3D World:

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Addio Toad.

 

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9) Sumo Bros. (Super Mario World)
Con la loro possenza fisica, i Sumo Bros. fanno tremare tutto battendo un piede in terra, generando una scossa tellurica che bloccherà i vostri movimenti (un po’ come accadeva con i Martelkoopa incicciottati in Super Mario Bros. 3).
Espressione serissima e una dieta a base di spezzatino con i fagioli e cucchiaiate di strutto hanno permesso a questi Koopa di essere potentissimi rispetto agli altri debosciati.
Si segnalano altre apparizioni più recenti, sempre in splendida forma:

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Qui immortalato in tutta la sua magnificenza.

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8) Phanto (Super Mario Bros. 2 aka Super Mario USA)

Se avete avuto un brivido lungo la schiena vedendo l’immagine, sappiate che non siete i soli. Phanto ha generato un’ondata di terrore in tutti i giocatori di Super Mario.
Custode di ogni chiave del gioco, si risveglia appena tenterete di sottrargliela, dandovi la caccia finché non mollate ciò che gli avete rubato. La sua ricerca spasmodica e i movimenti improvvisi lungo tutto lo schermo lo rendono uno dei nemici più imprevedibili che l’idraulico baffuto abbia mai incontrato.
Il suo ghigno vi darà notti insonni, facendovi mettere a letto con la luce accesa, stretti al vostro peluche di Yoshi. O-ovviamente non parlo di me.

7) Big Bertha (Super Mario Bros. 3)

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La pesciona (per noi è una lei) del terzo mondo in Super Mario Bros. 3 guizza incessantemente sul fondo marittimo in attesa di divorarvi in un sol boccone. L’ansia che genera e la necessaria prontezza di riflessi richiesta per schivare i suoi assalti la rendono una nemica infamella da affrontare.

Attualmente è anche ottava tra i personaggi più sensuali di Super Mario. Ma questa è un’altra storia che riserviamo per un altro articolo da sfoderare in un’altra inutile giornata a cui tenteremo di dare un senso.

6) Angry Sun (Super Mario Bros. 3)

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Alzando gli occhi al cielo in questa rovente giornata di Luglio, verrete accecati ed abbrustoliti dai prepotenti raggi solari dell’Angry Sun.

A differenza di quello appartenente al nostro Sistema Solare, il sole in Super Mario Bros. 3 è incazzatissimo e cercherà di ustionarvi le chiappe flosce agitandosi per tutto lo schermo con assalti frontali per poi tornare in cielo e ripiombare su di voi per squagliarvi. 

Dopo che venne scongiurata la sua presenza nel diabolico editor di Super Mario Maker, Nintendo ha deciso che l’incubo fiammeggiante doveva tornare per terrorizzarci di nuovo nel recente Super Mario Maker 2.

Il design è raccapricciante:

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Sì indaga ancora su cosa gli sia successo.

 

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5) Lakitu (Super Mario Bros.)

Non fatevi abbindolare da quella faccia pacioccosa e gli occhiali da rincitrullito: questo nerd vi farà dannare.

Lakitu fa la sua comparsa nel primo Super Mario Bros, svolazzando a bordo della sua nuvoletta tra i cieli pixellosi. Da codardo quale è, vi lancerà dei gusci spinosi tenendo il deretano lontano dagli scarponi dell’idraulico baffuto, a bordo della sua nuvoletta. Ciò non basterà per scamparla: potrete fottere Lakitu raggiungendo un spazio elevato per fargli assaggiare le vostre suole. In compenso, potrete anche fregargli la nuvoletta e completare il livello in volo.

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Il quattrocchi cercherà il riscatto nelle avventure successive, ma con scarse probabilità di successo.

Deluso dalle sue prestazioni, Bowser deciderà di affidargli altri compiti. Facendo parte del club audiovisivo, Lakitu coprirà il ruolo che maggiormente si confà alle sue caratteristiche da nerd: cameraman, esordendo in Super Mario 64.

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La sua carriera decolla (letteralmente) venendo confermato in Mario Kart 64, occupandosi dell’avvio delle gare e ripescando dall’oblio tutti quei piloti sventurati finiti fuori pista.

Innumerevoli le sue presenze nel franchise Nintendo, trovando spazio nelle rappresentazioni sportive e party game senza però rinunciare al fracassamento dei maroni apparendo sporadicamente come nemico. Giusto per spaccargli di nuovo gli occhiali.

 

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4) Rawk Hawk (Paper Mario: Il Portale Millenario)

Il cazzutissimo Rawk Hawk fa parte del variegato compendio di antagonisti presenti nel mondo di Paper Mario. Con l’alter-ego “The Great Gonzales”, il nostro idraulico cartaceo dovrà effettuare una scalata al successo partendo dai bassifondi più infimi del wrestling, fino alla proclamazione che lo porterà a sfidare il campione.

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Petto villoso, atteggiamento spaccone e potenza di percosse sono le tre caratteristiche che contraddistinguono “The Feral Nuclear Reactor” Rawk Hawk!

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3) Birdo (Super Mario Bros. 2)

Scrivere di Birdo ci porta ad aprire uno dei fascicoli più scottanti dell’archivio segreto di Nintendo. In quel brodo primordiale chiamato Super Mario Bros. 2, lo sputatore di uova è certamente uno degli elementi più controversi per un titolo che ha comunque saputo offrire una sfilza di personaggi che manco con La fabbrica dei mostri potevi partorirli.

Birdo ha riscosso un insospettabile successo. Oggi la troviamo ancora presente in innumerevoli giochi Nintendo in tutta la sua disagevole presenza. Fascino da Platinette infiocchettata e un po’ diva alla Marini che ti fa inevitabilmente simpatizzante per lei, Birdo ha conquistato i cuori di tutti, come solo una vera star sa fare.

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2) Koopa Bros. (Paper Mario)

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Così ridicoli e tenaci che è impossibile non premiarli su un podio d’onore.

I Koopa Bros. cercheranno di romperci le uova nel paniere facendo la loro comparsa con coreografie sgargianti e ridicole pose da Power Rangers.

Starà a noi parcheggiare le nostre scarpe antinfortunistiche nei loro gusci smandrappati.

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1) Wart (Super Mario Bros. 2)

Data l’assenza di Bowser, ci serviva un grande cattivone che potesse fare le sue veci. Wart è il perfetto antagonista sostitutivo di cui avremmo voluto sapere e vedere di più nel corso della storia del Nintendoverso. Strano che anche lui sia appartenente al mappazzone stroboscopico di Super Mario Bros. 2.

 

Il regale rospone ci vomita addosso bolle con la stessa cadenza di fuoco di un millennials che beve la sua prima Corona e fa uscire il meglio di sé a fiotti. Wart però non è furbissimo ad affrontarci in un sottorraneo munito di fabbrica genera-frutta in un gioco in cui zucche e altre diavolerie estirpabili dall’erba sono l’arma principale.

Dopo la sua disfatta, Wart è desaparecido. È stata così forte la batosta oppure l’antagonismo con Bowser lo ha schiacciato? Ci vorrebbe puntatone di Meteore. Noi intanto lo piazziamo primo, sperando che i piani alti di Nintendo leggano l’articolo.

 

Qui si conclude la nostra mozzafiatante top 15. Abbiamo escluso volutamente i nemici più canonici optando per le varianti più bizzarre e memorabili.

Non è detto che anche loro non possano trovare uno spazio sul nostro blog, se ci andrà. 

 

 

Ha senso parlare ancora di Killer Application?

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Killer application indica un titolo che sia rappresentativo ed esclusivo per la console a cui appartiene, tanto da portare l’utenza ad acquistare il suddetto sistema anche solo per quel gioco.

Il termine è ormai decaduto, considerando la dilagante presenza di multipiattaforma.

Eppure, le esclusive esistono ancora.

Cos’è cambiato rispetto al passato?

Inizialmente, ciò che le console tentavano di emulare era l’esperienza del cabinato. Tale trasposizione appariva più complessa di quel che potrebbe sembrare oggi, tenendo da conto la quantità di contenuti che riuscivano ad essere incorporati nella versione arcade.

Non sempre infatti queste conversioni avvenivano fedelmente, ma poteva essere comunque motivo di vanto riuscire a supportare un sistema complesso su una console casalinga, comprimendo in una cartuccia le emozioni della sala giochi, da vivere comodamente in salotto.

In questo caso, le killer app venivano rappresentate da traslazioni dei titoli arcade più gettonati. Ma esistevano anche titoli esclusivamente legati ad una console.

 

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Potremmo definire Super Mario Bros. come la prima killer application.

Dato il sistema di gioco innovativo ed immediato che proponeva, la sua esclusività per NES veniva notevolmente rafforzata.

Il dilagante successo di Super Mario portò Nintendo ad affidarsi alla sua nuova mascotte, per quel che tutt’oggi rappresenta uno dei personaggi videoludici più prolifici, esclusivamente legato alla società di Kyoto.

L’antagonismo nacque con l’avvento di Sonic in cui SEGA generò una spietata guerra contro Nintendo per il dominio del mercato.

Attraverso slogan accattivanti e decisamente eloquenti, la società rappresentata dal porcospino blu sottolineava ogni suo successo in ambito videoludico, soprattutto per quel che concerne il progresso tecnologico.

 

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SEGA bombardò a tappeto le riviste del settore con advert sprezzanti e provocatori. Ma era anche una guerra di esclusive laddove l’ago della bilancia pendeva in base ai prodotti più ambiti e bramati che venivano supportati dalle console delle rispettive case di produzione.

La valutazione sull’acquisto di una console – dal costo importante – veniva proprio effettuato in base a ciò che la line-up offriva.

Sonic correva a velocità impressionante esclusivamente su console SEGA. Oltre il porcospino blu, la società di Tokyo offriva al pubblico altri titoli ricordati con piacere dalla sua utenza, quali Street of Rage, Golden Axe, Phantasy Star, Space Harrier etc.

Nintendo, dal canto suo, proponeva delle esclusive ritenute delle killer app, sopravvissute ad ogni generazione successiva: The Legend of Zelda, Metroid, Kirby, Yoshi etc.

Lungi da me dal prendere posizione su questo storico confronto, è però interessante considerare come all’epoca ogni titolo potesse avere un peso che influiva notevolmente sulla bilancia.

Rapportato ad oggi, ogni confronto appare sterile e privo di contenuti.

Forse non ci accorgiamo che siamo in un’epoca videoludica in cui l’acquisto di una console a discapito di un’altra può risultare pressoché ininfluente per la scelta dei titoli.

Le line-up delle console presenti attualmente sul mercato sono sostanzialmente identiche.

Ora l’acquisto di una console è principalmente dettato da altri fattori che possono scindere dal concetto di esclusive, riducendosi spesso a semplici preferenze. Prima invece, andava scrupolosamente analizzato ogni fattore per non precludersi dei giochi a cui si era interessati.

Nell’attuale generazione, l’ultima killer app per cui è dipeso l’acquisto di una console a discapito di un’altra è stata Bloodborne.

In una fase di costruzione in cui Microsoft e Sony stavano iniziando ad inserire i propri tasselli per comporre un mosaico che mostrasse le potenzialità della propria console all’utenza, Sony fece leva sul successo della serie Souls aggiudicandosi un’esclusiva di From Software che fosse addirittura uno stand-alone, pur discostandosi per lo stile dai precedenti sviluppi mantenendo ugualmente la formula di gioco plasmata con l’esperienza maturata.

Ciò bastò per far vertere l’attenzione del pubblico verso Playstation.

Microsoft stava rilasciando – ed aveva in programma – più esclusive di Sony, ma qui veniamo alla definizione di killer application.

Facendo un confronto che potreste ritenere improprio, Sunset Overdrive è un’esclusiva Microsoft; Bloodbourne è una killer app Sony.

Ora viene dato per scontato – se non addirittura dovuto – che Sony rilasci con frequenza produzioni importanti che siano esclusive. Eppure in un confronto generazionale diventato univoco neanche sarebbe necessario ingraziarsi l’utenza con rilasci così imponenti.

Già nella generazione precedente, in cui iniziò la promiscuità con il passaggio sulle console Microsoft di quelle che furono esclusive Sony – vedi Final Fantasy e Devil May Cry -, il concetto di killer app iniziò a divenire evanescente.

Le esclusive però sussistevano e caratterizzavano le rispettive piattaforme. Sopratutto la società americana cercava di rimpinguare la line-up di Xbox 360 con progetti che rimanessero rilegati alla sua console.

Purtroppo molte furono esclusive. Temporanee.

Anni dopo passarono – in sordina – anche su PS3. L’obiettivo di Microsoft era tentare di conquistare l’utenza giapponese, da sempre restia a prestare attenzione a Xbox seppur ci fossero state titoli appetibili come Ninja Gaiden e Dead or Alive.

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Nel 2006, Microsoft decise di lanciare Lost Odyssey, il primo (e unico?) titolo per 360 ad entrare nella top settimanale di vendite in Giappone. Traguardo più complesso di ciò che possa sembrare, considerando la tendenza del pubblico nipponico.

Fu uno dei tanti progetti finanziati a peso d’oro da Microsoft. Seguirono una sfilza di jrpg sviluppati dalle major giapponesi: Blue Dragon, Infinite Undiscovery, The Last Remnant etc.

Poi ci fu il sodalizio tra Microsoft e Capcom che portò – oltre alle trasposizioni di Resident Evil, Street Fighter ed altri importati brand – alla produzione di esclusive quali Dead Rising e Lost Planet, scomodando una mente creativa del mondo videoludico quali Keiji Inafune.

Bastò a Microsoft per innalzare le vendite in Giappone? Niente affatto.

360 fu un flop commerciale in Oriente con timidi incrementi di vendite giunti in concomitanza con i rilasci dei titoli più accattivanti per il suo esigente pubblico. Ad oggi rimane una line-up deliziata da perle nipponiche apprezzate più dai giappofili occidentali piuttosto che dal pubblico giapponese.

Microsoft credeva di aver prodotto delle killer app? È probabile, giudicando dai costi e i team di sviluppo implicati nei progetti, in quel che sembra uno scellerato e disperato tentativo di conquistare una fetta di pubblico certamente influente.

Piuttosto andò decisamente meglio con l’avvento di Gears of War per quel che fu il gioco che spostò gli equilibri.

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GoW era la killer app per eccellenza dato che incarnava la potenza grezza della nuova generazione, messa al servizio di un blood feast scatenato dal testosterone.

A parer mio, neanche Halo ebbe questa risonanza seppur Microsoft fu abile nell’alimentare l’hype dopo il roboante annuncio all’E3 2006.

Con Gears of War, Microsoft confermò il suo status quo, approfittando della iniziale defiance derivata del lancio tardivo di PS3 sul mercato occidentale. Sony arrancava e le esclusive erano ancora flebili nella prima parte del suo ciclo vitale.

Produzioni come Heavenly Sword non bastarono. Dovette giungere Metal Gear Solid 4, epilogo della serie di Kojima, a richiamare l’attenzione verso una console che aveva già i riflettori puntati su di sé ma che necessitava di giustificare il costo di 599€, a fronte dei prezzi competitivi della “Wii60 family”, ovvero: l’acquisto di 360 e Wii equivaleva a quella di una Playstation 3.

L’unica, vera killer app di Sony della generazione precedente rimane The Last of Us, giunta soltanto nel 2013 quando PS4 era già stata annunciata.

Eppure, senza quelle che possono essere ritenute delle killer app granitiche – o comunque, senza la frequenza nei rilasci a cui siamo stati abituati oggi – Playstation 3 chiuse con un bilancio record, producendo oltre 80 milioni di unità.

Quale fu la killer app più influente della storia videoludica?

Il 1997 è identificabile come l’anno zero dell’epoca videoludica moderna dato il rilascio di Final Fantasy VII. La storia narra che il progetto di Squaresoft (attuale Square Enix) non sarebbe potuto essere integrato in una cartuccia (del Nintendo 64), considerata la capienza del progetto. Perciò Square decise di migrare su Playstation che accolse uno dei titoli più importanti di sempre in 3 (!!) CD.

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Si chiuse qui la partnership tra Nintendo e Square dopo 6 capitoli sviluppati in esclusiva su NES e SNES.

Nintendo ebbe comunque delle esclusive importanti. Basti pensare a Super Mario 64 ed Ocarina of Time, per citarne giusto un paio.

Non sappiamo come sarebbe cambiata la storia se Final Fantasy VII fosse stato rilasciato su Nintendo 64. Di certo, l’esclusività del titolo Square ha inciso notevolmente sul successo di Playstation, prima che giungessero altre killer app come Crash e Spyro. Solo ora FFVII arriverà su una console Nintendo.

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Ed ora?

Dopo questo viaggio a ritroso del tempo, ha senso oggi parlare di killer application? Non più. Il significato ormai si è gradualmente dissolto.

Se prima le console si affannavano nel tentare di coprire il divario con il PC, ora questo distacco non è più percepibile, indipendentemente dalle prestazioni che possono essere raggiunte da un computer.

Trovo che fossero due mondi diametricalmente opposti già da prima. Erano comunque presenti molti titoli condivisi ed ogni piattaforma di gioco aveva le sue esclusive, invidiate ma compensate da altri nomi che non facevano pentire dell’assenza di un PC o di una console casalinga.

Anche Half Life 2 arrivò su Xbox attraverso una miracolosa conversione laddove si credeva fosse impossibile. Così come, seppur con un po’ di attesa, giunsero nello stesso periodo GTA, Devil May Cry 3, Resident Evil 4 ed altri titoli ambiti dai possessori di un PC.

Ora che le barriere sono abbattute e che le release sono costanti, per tutte le tasche e rese accessibili, le killer app risiedono in quei titoli che ci portano ad un acquisto di una piattaforma, senza considerare l’esclusività.

 

 

 

NES su Nintendo Switch: classifichiamo i 20 titoli disponibili (prima parte)

Una delle novità più esaltanti del nuovo servizio online di Nintendo Switch è la possibilità di giocare a 20 classici per NES direttamente sulla nostra console.
Nintendo promette di ampliare la line-up a disposizione dei giocatori, rivelando già i prossimi innesti che verranno inseriti ogni mese.
Accessibili senza dover attuare alcun download, la piattaforma di supporto necessita di un collegamento online e di effettuare il login “di tanto in tanto” per mantenere il servizio attivo.

Ma come si sono mantenuti i titoli per NES? Ad oggi, quali risultano essere i più accessibili e fruibili, a distanza di oltre 30 anni dal loro rilascio?

Dopo una settimana di full immersion nel passato, siamo pronti a stilare la nostra top!

Premessa: l’ordine in cui sono classificati i titoli è del tutto personale e valuta per il più il fattore giocabilità odierno, oltre a considerare la loro importanza storica.

 

20) Baseball (1985)

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Il baseball è uno degli sport più popolari in Giappone nonché il più seguito negli Stati Uniti. Tale è il suo successo che Nintendo decise di rilasciare Baseball al lancio della sua console.
Purtroppo questa trasposizione per NES parla un linguaggio che per noi, provenienti da un’altra cultura sportiva, è difficile comprendere. Nella sua semplicità, il titolo Nintendo riesce ad essere piuttosto tecnico risultando però difficile da decriptare se non si conoscono le regole dello sport.
L’assenza di strategia, senza alcuna caratterizzazione particolare per i giocatori e le squadre (senza licenza) rende il titolo privo di appeal e coinvolgimento.
Provenendo dall’immediatezza di Wii Sports, è difficile riuscire ad approcciarsi a Baseball con la stessa nonchalance ed immediatezza.
Gli appassionati potranno sicuramente apprezzare come Nintendo riuscì ad emulare lo sport sulla sua console 8 bit.

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19) Soccer (1985)

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Altro titolo sportivo a finire in coda alla nostra top.
Potenzialmente, un gioco di calcio poteva offrire parecchie emozioni ed ore di divertimento.
Invece, Soccer è estremamente LENTO, tale da renderlo più una partita a Subbuteo che una simulazione videoludica.
Solo 7 nazionali selezionabili (tra l’altro, manca l’Italia…) e 5 giocatori per squadra (+ il portiere) rendono insoddisfacente ed incompleta l’esperienza di gioco.
Soltanto due interazioni con il pallone: passaggio e tiro. Difficile differenziare entrambi i comandi dato che la palla viene calciata inconcludentemente.
Nessun controllo sui movimenti del giocatore a cui viene lasciato libero arbitrio alla CPU.
La sensazione è che sia una versione di Hockey (che troverete scorrendo sotto), però più fiacca e noiosa.
Nessun effetto audio o musica a tentare di rendere più coinvolgente un titolo per cui difficilmente riuscirete a trovare dei motivi per giocarci.

Momento migliore: la schermata di selezione di un altro gioco.

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18) Tennis (1985)

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Tennis è appartenente alla serie di titoli sportivi – sviluppati da Nintendo – che prolificavano su NES, spaziando in tutte le discipline e categorie.
A distanza di 30 anni, l’azione sul green risulta essere tediosa e poco esaltante, richiedendo una precisione ed un tempismo nel colpir la palla che potrebbe mettere in imbarazzo i curiosi avventori del retrogaming, fallendo una battuta o non riuscendo a rispondere allo swing avversario.
Incrementando la difficoltà non si riesce a ragionare più, rendendo la pallina imprendibile, venendo bersagliati spesso dalle sciabolate del vostro sadico rivale pixelloso che vi sparerà addosso colpi micidiali ed infami.
Giocato con un amico, può risultare sicuramente più divertente, condividendo le gaffe e superando l’imbarazzo relativo alle proprie incapacità.

Momento migliore: Super Mario come giudice della partita!

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17) Pro Wrestling (1986)

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Nella carrellata di titoli sportivi, Nintendo decise di portare l’azione sul ring anche su NES.
Selezionando sei diversi lottatori (piuttosto eccentrici), potrete darvele di santa ragione tra le corde, mazzolandovi tra calci, pugni e qualche proiezione per schiacciare a terra il vostro avversario. Le botte possono spostarsi anche fuori dal ring, scaraventando il vostro avversario oltre la terza corda – ma occhio al conteggio dell’arbitro (!!).
Lasciate da parte la tecnica: Pro Wrestling è puramente arcade! Vince chi smanetta più velocemente con levette e pulsanti.
Rooster ristretto e l’assenza di tag team o altre stipulazioni speciali possono rendere il titolo ripetitivo dopo una manciata d’incontri… in quel caso, meglio chiamare un amico per fracassarlo di mazzate a 8 bit!

Momento migliore: “A WINNER IS YOU!” è pura nostalgia, nato da un ingenuo errore di traduzione.

 

16) Double Dragon (1988)

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Prima che mi vengano lanciati dei pomodori, accompagnati da frasi ingiuriose, è bene fare una precisazione: il mito di Double Dragon è indiscutibile.
Il classico da bar ha trovato su NES la sua casa con una fortunosa serie di titoli di gran successo.
Ma questa prima trasposizione sulla console Nintendo aveva i suoi limiti.
Il primo è l’assenza del coop, che di per sé rende imperdonabile questa conversione casalinga.
Il secondo è la presenza massima di due nemici su schermo (dello stesso tipo, tra l’altro), dovute alle ristrettezze hardware dell’epoca.
Questi due fattori compromettono in (gran) parte l’esperienza di gioco per come abbiamo saputo originariamente apprezzarla sul cabinato.
Ciò non toglie che imprimere un classico arcade su cartuccia è un’impresa ardua e, seppur con le sue ristrettezze, è comunque possibile godersi i pestaggi per strada, purtroppo senza un nostro amico a darci man forte.
In attesa dell’aggiunta degli altri sequel della serie, potremmo comunque goderci l’originale Double Dragon, anche se un certo River City Ransom risulta essere ben più accattivante.

15) Mario Bros. (1986)

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Prima che vi prenda un attacco di tachicardia e chiudiate il blog indignati, questo NON È Super Mario Bros. bensì il suo predecessore.
Prima di salvare la Principessa Peach dalle grinfie di Bowser, Mario era un semplice idraulico che doveva compiere il suo lavoro, cappottando tartarughe ed altre creature che fuoriuscivano dalle tubature, schiacciandole poi con un salto. Qui troverete tutti elementi ben noti alla serie dedicata al nostro eroe baffuto.
Mario Bros. è un classico arcade che trova accoglienza su NES soltanto dopo il successo della sua prima avventura bidimensionale nel Regno dei Funghi.
Ad oggi, la sua funzione è per lo più ai fini storici, interessando agli aficionado più nostalgici che all’epoca andavano al bar per passare i pomeriggi al cabinato.
Concedersi qualche partita è comunque d’obbligo, anche se difficilmente decidere di spender il vostro tempo negli umidi sotterranei di Mario Bros. sapendo che avete a vostra disposizione Super Mario Bros. e Super Mario Bros. 3.

Momento migliore: utilizzare il POW facendo cappottare tutti i nemici su schermo (è anche il primo gioco in cui appare Luigi!)

14) Ice Hockey (1988)

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La prima ondata di titoli sportivi su NES non fu particolarmente fortunata.
Hockey rappresenta però un’eccezione.
Il gioco risulta essere sorprendentemente fluido e fruibile tutt’oggi, con parecchie animazioni che arricchiscono l’esperienza.
Non possono mancare le zuffe tra le due squadre con la possibilità che diventino megarisse in cui tutti i giocatori in campo si litigano il dischetto, in una sovrapposizione di pixel in cui bisogna smanettare con i tasti per averla vinta – previa squalifica dell’arbitro.
È possibile comporre la squadra a proprio piacimento, selezionando tre diversi tipi di giocatori in base alle vostre preferenze: c’è lo smilzo, più agile ma vulnerabile ai contrasti; il grassottello, perfetto per accaparrarsi il dischetto con la sua prestanza fisica, risultando però più lento nei movimenti; il giocatore di corporatura media, equilibrato in tutte le statistiche.
Seppur ciò, il gioco risulta esser limitato per avere solo quattro elementi per squadra + il portiere (nell’hockey sono 6 i giocatori) e soltanto 6 nazionali selezionabili (tra cui però c’è l’URSS…!).
Hockey mette a disposizione diversi livelli di difficoltà, potendo velocizzare anche l’azione: renderà il gioco un flipper sul ghiaccio!

L’assenza di Blade of Steel lascia la strada spianata ad Hockey, sperando comunque di vedere anche il titolo Konami per sferragliamenti sui ghiaccio ad 8 bit.

Momento migliore: alla fine del secondo quarto, arrivano i spazzaneve guidati da dei tipi con la maschera di Jason. Spooky!

 

13) Donkey Kong (1985)

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Donkey Kong è il classico dei classici.
Prima che Mario fosse tale e che la Principessa Peach facesse la sua comparsa, il nostro idraulico baffuto era conosciuto come Jumpman e la prima donzella ad esser salvata fu Pauline (tornata su Super Mario Odyssey come sindaca di New Donk City) dalle grinfie dello scimmione Donkey Kong.
Saltando barili e salendo scale, Mario deve raggiungere la cima delle impalcature andando in soccorso della sua prima fiamma.
Seppur sia indiscutibile la sua storia e indubbio il suo fascino retrò, Donkey Kong sente l’inesorabile peso degli anni sulle sue scimmiesche spalle, robuste per sorreggere ancora 100 di questi anni.
Questa conversione per NES ha soltanto 3 livelli (rispetto ai 4 livelli presenti su cabinato) e l’assenza del leggendario intro, il che non la rende la versione più fedele del primate a 8 bit.

Momento migliore: acciuffare il martello e iniziare a sfasciare i barili lanciati da Donkey Kong!

 

12) Ice Climber (1985)

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Ice Climber è per lo più conosciuto per la presenza di Popo e Nana nel rooster di Super Smash Bros. Melee, ma prima di martellare gli altri eroi Nintendo nel picchia-picchia per Gamecube, il dinamico duo impellicciato si prodigava in eroiche scalate tra i ghiacci.
L’incipit è alquanto strano: un condor gigante ha rubato i vostri ortaggi disseminandoli tra i picchi innevati. Starà a voi recuperarli, saltando su piattaforme, spaccando blocchi di ghiaccio e prendendo a martellate buffi animaletti che tenteranno di ostacolare la vostra impresa.
Giunti in cima, avrete 40 secondi di tempo per recuperare quante più verdure possibili, tra lattughe e melanzane.
Fate attenzione però: se cadrete il bonus finirà immediatamente.
I salti di Popo e Nana sono sorprendentemente alti, funzionando più per la loro verticalità: scivolare dalle piattaforme o intruppare sui soffitti di ghiaccio vi porterà a figure barbine.
Ice Climber è un giochino carino nella sua essenzialità ma che oggi appare piuttosto datato. È comunque un simpatico intrattenimento, perfetto per concedersi qualche partita in completa spensieratezza.

11) Ghost’n Goblins (1986)

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Le origini delle bestemmie.
Odierete Ghost’n Goblins. È ESTREMAMENTE DIFFICILE, ancor più delle sue future proliferazioni.
Due colpi e siete morti. Nessun doppio salto. RARISSIMA possibilità di riacquisire l’armatura dopo averla persa.
Poter salvare i propri progressi in qualsiasi momento, con la funzionalità integrata da Switch, potrebbe evitarvi una gastrite, anche se dovete comunque esser pronti a ripetere la stessa sequenza fino alla nausea.

Ghost’n Goblins possiede delle meccaniche di gioco infami, ma che lo rendono avvincente e competitivo.

Andare in giro in mutande a combattere zombie nei cimiteri è un piacere perverso e tragicomico che nessun altro gioco potrà concedervi (oddio, forse Maximo sì)

Solo per i giocatori più hardcore e masochisti.

Momento migliore: Il vero finale che non riuscirete mai a vedere.

E con questo, finiamo la nostra prima parte dedicata ai classiconi Nintendo.
Se la nostalgia vi sta attanagliando, cliccate qui per la seconda parte!

 

 

 

Nintendo Switch Online: perché tante critiche?

Nintendo ha lanciato il suo servizio online settimana scorsa, tra perplessità e curiosità da parte dell’attenta comunità videoludica.

I giocatori non si sono risparmiati critiche in questi primi giorni di esordio.
Da cosa sono scaturite?

Cerchiamo di analizzarlo insieme, commentando i servizi che ha deciso di offrire Nintendo ai suoi utenti.

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Parto con una provocazione:
Introdurre un servizio a pagamento è ciò di più anti-Nintendo che Nintendo stessa potesse fare. Questa conformazione, che non è altri che un adeguamento ai tempi, doveva prima o poi avvenire laddove la concorrenza di Sony e Microsoft propone già da tempo un abbonamento per usufruire dei contenuti di gioco in rete.

Effettuare questo passo significa cedere ad un processo inevitabile in cui Nintendo sente di dover monetizzare, strutturando un servizio che sia conforme alle esigenze dei suoi utenti – e dunque, giustificandone il pagamento.

Con ciò che attualmente il servizio propone, è giustificato imporre un costo mensile?

Bè, non proprio.

Il progetto venne già rimandato a ridosso del 2018, quando si parlò di un suo ipotetico lancio ad inizio anno.
Successivamente, l’ufficializzazione che Nintendo avrebbe atteso Settembre prima di avviare il servizio online.
Analizzando ciò che è stato proposto, ci si chiede come siano stati impiegati questi 9 mesi che ci hanno separati dal rinvio.
È possibile che Nintendo non avesse le idee chiare al riguardo, o che volesse attendere il momento più propizio per giustificare l’introduzione a pagamento di un servizio finora gratuito, considerando i rilasci nei prossimi mesi di Super Smash Bros. Ultimate e Pokémon Let’s Go, Eevee!/Let’s Go, Pikachu!.

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Nintendo si è voluta mettere in gioco con dei prezzi decisamente competitivi. Basterà per convincere gli utenti ad abbonarsi?

 

 

Il cloud è stato l’elemento più discusso. Per chi non lo sapesse, è una memoria supplementare offerta da Nintendo per archiviare online i propri salvataggi.
Piuttosto utile, considerando che lo spazio non basta mai.
Ma nel momento in cui si disdice l’abbonamento, come si fa?
Sembrerebbe che quei salvataggi diventano inaccessibili fintanto che non si è più beneficiari del servizio.
Ciò significa che, non potendo accedere ad essi, non potremmo recuperare i nostri progressi nei titoli a cui stiamo giocando.
Un vincolo che Nintendo doveva evitare di creare. Inoltre, non tutti i titoli sono compatibili (notare l’assenza di Splatoon 2 e i prossimi titoli Pokémon).

Molti giocatori hanno riscontrato un servizio non proprio efficiente durante le loro esperienze online ai titoli che usufruiscono del gioco in rete (Mario Kart 8 Deluxe, Splatoon 2, Arms etc.); sostanzialmente, Nintendo non sta offrendo nulla che non fosse già gratuito prima.

Ciò che effettivamente manca è un sistema che supporti la possibilità di comunicare tra i giocatori attraverso Switch.
Piuttosto, Nintendo ha preferito creare un app che permetta ai suoi utenti di rimanere in contatto durante il gioco. Scelta che definirei addirittura “troppo Nintendo”, ma comunque conforme alle sue politiche di tutela per gli utenti, soprattutto i più piccoli, in modo che si eviti di entrare direttamente in contatto con degli estranei. Sono concetti romantici ma che suonano però obsoleti nel 2018.
La stessa Wii U aveva un sistema di comunicazione che permetteva addirittura la videochiamata attraverso il gamepad, senza considerare inoltre il Miiverse

Anziché scaricare l’app, tanto vale usufruire dei servizi di messaggistica disponibili per smartphone o altri dispositivi.

Uno (se non IL) motivo per cui c’è seriamente da prendere in considerazione la possibilità di iscriversi al servizio è l’accesso alla libreria NES.
20 titoli selezionati per una line-up che si arricchirà mensilmente con altri giochi appartenenti alla prima console casalinga di Nintendo.
Già ad Ottobre ne verranno introdotti altri, rivelando le gradite aggiunte per il resto del 2018.
Un’occasione ghiotta per riscoprire le origini del Famicom.
Nintendo ha inoltre introdotto il multiplayer locale e online per rivivere nuove emozioni con i titoli del passato.
Un’autorefenzialità che Nintendo può permettersi – ed era davvero ora! – per preservare e rendere accessibile la sua ricca storia videoludica.

I contenuti esclusivi di cui potranno beneficiare gli abbonati sono delle chicche apprezzate ma sembrano rivolte per lo più agli aficionado più incalliti che possono permettersele.
I controller wireless del NES potrebbero diventare oggetti del desiderio da parte dei giocatori più nostalgici, ma il loro prezzo non è particolarmente allettante, considerando che è possibile impiegarli soltanto per i titoli NES.
L’accesso a sconti esclusivi rimarcherebbe ciò che è già proposto agli utenti Sony del Plus e del Live su Microsoft.

Le critiche giunte finora sono state un po’ troppo aspre e affrettate nei confronti di Nintendo.
Il servizio deve essere sicuramente migliorato ed implementato ma io credo Nintendo stia cercando di offrire il meglio ai suoi giocatori.
Ciò che è contestabile riguarda alcune scelte che vincolano Nintendo in un concetto desueto ed idilliaco di servizio online, che idealmente funzionerebbe ma che lascia insoddisfatti molti dei suoi utenti per ciò che propone.
Complessivamente, mi ritengo soddisfatto di questa prima settimana di prova ma è pur vero che da Nintendo, soprattutto dopo tanta attesa, ci si aspettasse di più; forse molti non perdonano alcune magagne emerse sinora.
C’è comunque tempo per rispondere alle esigenze di una utenza che si è notevolmente ampliata rispetto alla generazione precedente e che, oramai, in casa non ha soltanto console Nintendo.

Guru Meditation #1:”Pubblicità”

Ricordo, con una lacrimuccia che scende sul viso, l’epoca delle riviste di videogiochi.

Sì, so benissimo che vengono pubblicate ancora e che riescono a ritagliarsi tutt’oggi il loro piccolo spazietto edicola tra i periodici hi-tech da turbonerd 40 enni.

Ma il potere mediatico che avevano fino a 10 anni fa non era lontanamente paragonabile al ruolo marginale e ininfluente che ricoprono oggi.

Oramai, se si vuole conoscere il parere su un videogioco, ci basta cercar su Google, veder un voto su Metacritic o consultando i soliti siti specializzati e costruirci la nostra opinione, senza neanche leggere la recensione del gioco che ci “interessa“. Con un rapido sguardo, tramite un voto, abbiamo già deciso il destino di quel videogioco, se acquistarlo o no.

Magari si decide di prenderlo in sconto, prefissando già il prezzo che saremo disposti a pagare per averlo ed aggiungerlo nella kilometrica lista di giochi acquistati in digitale, comprati senza particolari attenzioni perché propinati a prezzi troppo allettanti.

Questo processo di giudizio potrebbe portarci direttamente ad effettuar una ricerca su Youtube, evitando di aprir pagine di siti specializzati, vedendo i video gameplay del titolo da sottoporre alla nostra superficiale analisi e bollandolo, non prestando neanche massima attenzione a quei pochi minuti in cui il gioco si mostra. Ancor più influente e repentino è il giudizio se si osserva il video dello Youtuber di fiducia, prendendo per oro colato ogni sua parola. Tutto ciò in un manciata di minuti. Abbiamo metabolizzato le informazioni ed elaborato una rassicurante ma approssimativa critica, quanto basta magari per sfoggiarla sui social network o i forum.

Purtroppo si fa presto  a bollare un titolo, senza neanche averlo provato, senza aver letto interamente una recensione o addirittura senza aver visto completamente un video del gameplay. All’epoca delle riviste videoludiche invece, si leggevano recensioni anche di giochi per cui non si nutriva particolare interesse, ma lo si faceva per onestà intellettuale o comunque per rimanere informati ed aggiornati, per sviluppare delle proprie considerazioni.

In una generazione ipertecnologica in cui è possibile effettuar questo processo di approssimazione anche dal cellulare con disarmante celerità e freddezza, ci si accorge di come l’utenza rischi di compromettere il processo creativo nel mondo videoludico. Infatti, non potete immaginare quanto potere possa aver anche un semplice like, se sommato alla moltitudine di altri milioni di utenti che hanno espresso la loro approvazione o dissenso tramite un solo click.

Anche la sola visualizzazione può contare, indipendentemente da quanta attenzione si sia prestata alla notizia o al teaser.

Ora, non è che ciò debba considerarsi un butterfly effect secondo cui, aprir un link di un video o no, condiziona il destino di suddetto prodotto.

Però, gli sviluppatori ripongono fiducia e danno particolare importanza al parere in rete. O quantomeno, anche se non sembra, può far prevedere l’ipotetico successo o flop commerciale di un titolo.

Un esempio di questa aggressione anonima e passiva è ciò che è accaduto a Federation Force. Presentato all’E3 del 2015, Federation Force ha la sola sfortuna di esser stato presentato ad una conferenza complessivamente deludente per l’utenza Nintendo e di esser un Metroid Prime senza Samus Aran. Tutti i fan aspettano da tempo il ritorno della cacciatrice di taglie intergalattica, da anni assente dai radar e di cui non si sa nulla su un capitolo che la riveda protagonista. La disapprovazione è stata sfogata dunque così, con un torrente di dislikes in una quantità considerevole rispetto agli apprezzamenti. Senza considerare poi i commenti che esprimono marcato disappunto, ampiamente non giustificato o per nulla argomentato.

Federation Force rischiò dunque, ancor prima della sua uscita, di esser un flop preannunciato e che conseguenzialmente potrebbe portar delle perdite alle casse di Nintendo.

Potrebbe sembrar esagerato ma in questo caso, il nuovo Metroid Prime ha rischiato il tracollo dal momento in cui si posiziona sullo scaffale dei negozi laddove la situazione di Nintendo, sul piano commerciale, sembra non è particolarmente rosea negli ultimi tempi (e parlo da aficionados della grande N). Ed effettivamente, oramai uscito nei negozi, Federation Force non rappresenta un successo commerciale, anzi.

Stessa situazione, ma ben più catastrofica, vede protagonista il prossimo Call of Duty che ha ricevuto milioni di pollici versi. In questo caso, rappresenta l’atto di coscienza di tutta quella utenza che, facendo capolino al Gamestop ogni anno per preordinare CoD e ritirando al momento dell’uscita lo stesso titolo dell’anno scorso, peggiorato (o divenuto più assurdo, dipende di pareri) ad ogni nuova pubblicazione, manifesta il proprio disappunto e la frustrazione di sborsar ogni volta 70€ per un facsimile dell’anno precedente appartenente ad una serie arrivata alla frutta. E l’esito delle vendite potrebbe risultar disastroso e affossar un brand che ha permesso ad Activision di rimpinguar considerevolmente il proprio portafogli con entrate sicure ogni anno.

L’utenza è dunque divenuta spietata, sfogando frustrazioni represse con queste forme passive di aggressione mediatica. Rassicurano e salvaguardano l’utente frustrato perché non implicano complicazioni e lo si fa dietro uno schermo. Una utenza che non si cura dei giudizi e che sente di potersi esprimere liberamente, indipendentemente dal peso del giudizio, elargendo con nonchalance commenti inappropriati.

Ci troviamo in una generazione in cui il pubblico è sovrano e l’industria dipende dai suoi capricci. In passato, era invece il contrario: le esigenze del consumatore erano conformi al prodotto che gli veniva fornito ma gli sviluppatori erano capaci di accontentare il pubblico. I giochi venivano fatti certamente per passione e anche per vendere ovviamente, ma si intraprendevano ugualmente percorsi inediti, inesplorati, tentando anche l’azzardo e cercando l’innovazione. Veniva chiesto ai giocatori di riporre fiducia e la fiducia era ripagata.

Ora l’utenza sembra screditar l’operato delle software house e gli sviluppatori, con calma zen, rispondono e lavorano umilmente per offrir un prodotto che possa accontentare un pubblico incontentabile. Mi sembra però che non ci si senta di reagire verso un pubblico pretenzioso ed esigente da cui le società dipendono. I fatturati sono composti da numeri che oramai non si possono più ignorare e il pubblico è sovrano.

In questa apocalittica visione, ci sono comunque molte realtà videludiche che hanno generato un legame armonioso con la propria utenza, ma si tratta pur sempre di società che sviluppano indipendentemente; isole felici dall’utenza pacifica che da il suo sostegno. Gli invasati della rete sono comunque sempre in agguato per screditare un titolo con la loro cultura spiccia.

Prima, l’ardua sentenza relativa al giudizio di un videogioco era responsabilità che spettava al settore mediatico e i lettori si affidavano alle proprie fonti. Per scegliere se acquistare un gioco, si leggeva la recensione, si guardavano gli screen stampati su carta e si immaginava. L’elemento immaginazione s’è completamente dissipato dal momento in cui si ha accesso alla rete e si possono osservare i gameplay di qualsiasi gioco, anche con playthrough che ci rivelano ogni anfratto di un titolo sottoposto a questa visione indiscreta. In un certo senso, questa possibilità rovina un po’ tutto. In passato, la scrupolosa selezione di un gioco avveniva con l’entusiasmo di far un salto nel vuoto, anche con un gioco che magari era stato ben giudicato, con tanto di voto altisonante ma che poteva comunque non piacerti e non convincerti. Era una scoperta, una sorpresa, verso l’ignoto o quel che comunque si presupponeva potesse offrire, a quel che s’era idealizzato leggendo la recensione. Trovo che questo fattore, correre il “rischio” pur affidandosi al proprio sesto senso, le considerazioni personali e il parere che si era costruito leggendo e raccogliendo pareri e informazioni vattelapescacome fosse ciò che davvero rendeva speciale ogni acquisto. Si andava in negozio, si vedeva il gioco nella vetrinetta, chiedevi al negoziante che apriva il vetro, lo faceva scorrere con un suono grattuggiante e ti prendeva quella custodia incellophanata, scintillante e finalmente lo vedevi al di là di quel confine etereo, idealizzato. Pagavi e te ne andavi a casa soddisfatto, entusiasta, spellicolandolo nel tragitto verso casa, non vedendo l’ora di giocarci.

Ora è davvero difficile vivere queste emozioni considerando che al momento dell’uscita di un gioco si conoscono vita, morte e miracoli, anche senza volerlo. Un web indiscreto e guastafeste che lascia trapelare ogni sorta di informazione e indiscrezione.

Vedete l’esempio di Pokémon Sole & Luna. Uscirà a Novembre ma praticamente si hanno nuove notizie ogni giorno al riguardo, di qualsiasi genere. Prima, per le info, dovevi attender ogni mese la rivista che usciva in edicola e magari, data la cadenza relativa alla pubblicazione e i tempi per la stampa, erano pure notizie “vecchie” o comunque non avevano l’immediatezza di oggi, abituati a considerar vecchie anche le notizie di ieri.

Un mondo videoludico che gira velocissimamente, che con i mezzi odierni permette certamente di esser sempre informati ma con una quantità soverchiante di notizie per lo più superflue, ridondanti e capaci anche di rivelar troppo, di guastar quel pizzico di magia che prima rendeva tutto più speciale, più vago, lasciando al giocatore il piacere della scoperta.