Vaffanculo Socrate.

Stamane mi alzo con il consueto dubbio riguardo la colazione.

Lunghi, interminabili atti di contemplazione della dispensa tra savoiardi del discount e ginseng solubile.

Oggi ho detto “no”. Mi sono opposto.

Decido di andare alla bakery, luogo che sembra una bomboniera da comunione con quel rassicurante ed innocente tono radical chic. L’orologio londinese, la carta da parati a righe verdi tipo tavola calda americana, la frase di Forrest Gump stampata sul muro che veglia sulle menti dei trancugiatori di dolci come diabetico assioma.

Prima di uscire, sento il peso della responsabilità della cultura.

Il mattone di Socrate, tra Simposio, Apologia e Critone grava come il cinghiale dello spot Brioschi sulla mia coscienza. Mi osserva dal comodino.

Che non lo porto con me er vecchiaccio?

Irrompe mia madre che mi vede tentar di infilare nella tasca del giacchetto Socrate, manco fosse un giornaletto zozzo.

“Ma ndo vai a fa’ l’hipster? ”

Questa sentenza mi arriva come una tegola sui denti.

Lo prendo dalla saccoccia del giubbotto, dove manco entrava tutto, sbucando fuori con quel mosaico da vespasiano in copertina.

“Ma che sto a fa’? Devo andà a fa’ colazione!”

Lancio Socrate sulla scrivania.

“‘fanculo Socrate. Vaffanculo Socrate. Vaffanculo.”

Lo dico tre volte, temendo quasi che potesse comparire davanti a me tipo Beetlejuice pe damme uno schiaffo morale che mi avrebbe portato a confutare ogni singolo pensiero.

No, vecchio pederasta, te ne stai a casa oggi.

Io vado a magnà i pancakes, ciao.