Top per sopravvivere la domenica: 10 giochi imprescindibili per PS2

La domenica è il giorno perfetto per rispolverare la propria Playstation 2 e concedersi una lunga sessione di gioco intrisa di nostalgia e malinconia.

Vorremmo che questa top abbia per voi, lettori in paciolle, la funzione di guida per questo viaggio a ritroso nel tempo,

Abbiamo deciso di stilare una lista di 10 titoli, soffertamente selezionati, per sopravvivere nelle vostre domeniche uggiose.

La linea guida che è stata tracciata è la seguente:

  • Abbiamo prediletto titoli che fossero accessibili e prevalentemente arcade.
  • Abbiamo lasciato da parte titoli longevi e che non supportano la funzionalità multiplayer, preferendo giochi che abbiano un approccio che permettano sessioni relativamente brevi e che concedono un’esperienza di gioco condivisibile.
  • Abbiamo escluso collection e raccolte (per cui trovere riservata una menzione d’onore in fondo all’articolo), preferendo prodotti rilasciati per la prima volta su PS2.

Dopo questi noiosissimi presupposti, cominciamo!

 

10) Splashdown 2: Rides Gone Wild (2003)

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Iniziamo questa top con un titolo controverso.

Probabilmente molti di voi non lo conosceranno ma Splashdown è una perla grezza rinvenuta in una conchiglia tenuta tra le poppe di una serena che si scola una Budweiser.

Ride Goes Wild è l’equivalente di Wave Race sviluppato durante una sbornia: americanissimo, tamarrissimo e per questo maledettamente divertente.

Se volete sfrecciare sulle moto d’acqua tra dinosauri o durante un bombardamento aereo di un inspiegabile flashback, Splashdown è ciò che dovete giocare.

Per una domenica da sbronzi.

9) Pro Evolution Soccer 3 (aka Winning Eleven 7) (2003)

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L’eterna rivalità tra PES e FIFA ci ha fatto sempre propendere la fazione di Konami.

Pro Evolution Soccer era un binomio costituito da realismo e una forte componente arcade, in un perfetto equilibrio tra i due elementi.

Se la serie EA era un simulatore di calcio, PES era IL calcio.

Grezzo ma al contempo sopraffino. Tecnico ma sempre avvincente.

Abbiamo scelto il terzo capitolo perché ha sancito una svolta nella serie, in cui lo stacco generazionale dalla prima Playstation divenne tangibile.

Perché la domenica è soprattutto italiano medio che ama il calcio, sgargarozza Peroni e parla di gnocca.

 

8) ESPN NFL 2K4 (2003) 

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Il football di ESPN fu la valida alternativa in un’epoca videoludica in cui dovette fronteggiare il colosso Madden.

Nel 2003, fu difficile distinguere chi fu Davide e chi fu Golia. Prima che EA decidesse di sbaragliare la scomoda concorrenza di SEGA acquisendo i diritti della NFL, ESPN Football esprimeva un concetto di simulazione sportiva più accattivante, con maggiore appeal e contenutisticamente ricco.

Nella versione 2K4 venne introdotta la modalità che permetteva di vivere in prima persona l’esperienza di gioco.

Letteralmente.

Attraverso la griglia del casco, possiamo impersonificare qualsiasi ruolo sul campo. Si soffre ad ogni contrasto, si respira affannosamente dopo ogni corsa, si lotta per ogni yard.

Come se non bastasse, il gioco dispone di una quantità imbarazzante di modalità, licenze ufficiali e squadre storiche dell’NFL.

Per una domenica col testosterone.

 

7) WWE Smackdown!: Here Comes The Pain (2004)

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Il carrozzone circense targato WWE fa tappa alla settima posizione della nostra top.

Quando il wrestling era ancora una figata, la potenza di percosse mandava in tilt qualsiasi rilevatore di virilità, con pompatissimi omaccioni che si fracassano di schiugghiunau senza eccezioni di colpi.

Un benedettissimo e provvidenziale supporto del multitap permetteva sessioni di botte condivisibili fino ad un massimo di 4 giocatori contemporaneamente.

Se 619, Frog Splash e sbalzi ormonali hanno caratterizzato la tua adolescenza, la domenica è il giorno ideale per tornare penosamente brufolosi e incompresi dagli adulti.

 

6) We Love Katamari (2005)

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Katamari è il connubio ideale tra genio e follia.

Il principe del Cosmo deve soddisfare le richieste dei sudditi della Terra, rotolando il suo katamari in impensabili scenari di vita quotidiana.

Appiccicaticcio ed adattabile a qualsiasi superficie, il katamari incolla a sé qualsiasi cosa, aumentando la sua massa e crescendo a dismisura, fino a inglobare persone, animali, automobili, case ed addirittura altri pianeti (!!).

Con colori sgargianti e una composizione musicale tra le più canticchiabili e strampalate di sempre, Katamari Damacy vi contagerà con la sua allegria e spensieratezza.

Il perfetto antipressivo per combattere il torpore emotivo della domenica.

 

5) NBA Street Vol. 2 (2003)

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La serie Street abbandona i lussuriosi parquet dell’NBA per tornare sugli sgangherati campetti di quartiere.

Liberi da ogni schema e da ogni regola, il basket da strada permette maggior libertà di movimento e concede colpi scorretti per un approccio più grezzo e selvaggio alla pallacanestro.

Tra trucchi da giocoliere con il pallone e acrobazie circensi, lo show è assicurato.

Ideale per sbeffeggiare il vostro antipatico cugino dopo il pranzo della domenica.

 

4) SSX 3 (2003)

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SSX è una serie irrinunciabile per ogni libreria essenziale PS2. Diffidate da chiunque non abbia un qualsiasi capitolo di questa serie tra le sue minchiate giapponesi.

Sfrecciare lungo le piste innevate a bordo della nostra tavola fa venire ancora i brividibadibidi.

Tra salti nel vuoto e acrobazie mozzafiatanti, il divertimento ci travolge come una valanga durante le nostre insignificanti domeniche.

 

3) Soul Calibur II (2002)

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Che domenica sarebbe senza mazzolate?

Soul Calibur è il nostro picchiaduro preferito per PS2.

È stata una ardua scelta, ma i sentimenti hanno preso il sopravvento e Soul Calibur II ha trionfato sul terzo capitolo, anche se significa rinunciare all’editing dei personaggi. E soprattutto rinunciare a Tira.

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Ma la nostalgia è più forte della potta.

E la domenica è fortemente nostalgica.

 

2) Tony Hawk Pro Skater 3 (2001)

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Ginocchia sbucciate ed ossa fratturate vengono (fortunatamente) sostituite da polpastrelli consumati e dita doloranti.

Pro Skater 3 è il gioco arcade d’eccellenza per smanettoni scaprestati che vogliono dominare le piste con combo da capogiro.

Tra trick funambolici e folli acrobazie, Tony Hawk propone sessioni di sferragliamenti col pad bruscamente interrotte dagli smadonnamenti dopo le cadute dallo skate.

Perché la domenica è anche composta da bestemmie.

 

1) Burnout 3: Takedown (2003)

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Il re dei racing game arcade.

Burnout 3 è vi offrirà dosi di adrenalina che scorrono attraverso il dualshock per essere sparate direttamente endovena.

Difficilmente un gioco di guida è riuscito a riprodurre un senso di velocità tale da spettinarci i capelli e farci rizzare i peli lungo la schiena.

Il brivido della derapata, il bacio tra le portiere delle auto avversarie e le carcasse di ferraglia che stridono sull’asfalto dopo un fragoroso incidente suscitano follia, scompiglio ed emozioni che ci fanno amare il videogioco.

Takedown è scarica di defibrillatore per rianimarvi da una domenica dominata dall’apatia.

 

Come promesso, i monsonile menzioni d’onore per evitare che consumiate la domenica nella blasfemia degli atti onanistici:

  • Tekken 5
  • Capcom Collection Vol 1 & 2
  • Madden 2004
  • Street Fighter Alpha Antology
  • X-Men Legends
  • Baldur’s Gate: Dark Alliance
  • Baldur’s Gate: Dark Alliance II
  • Champions of Norrath
  • Marvel Ultimate Alliance
  • WWE Smackdown VS Raw 2006
  • Pro Evolution Soccer 6
  • SSX Tricky
  • Soul Calibur III
  • Virtua Fighter 4
  • Taito Collection I & II
  • Lego Star Wars Complete Saga
  • Tony Hawk Underground
  • Mortal Kombat: Deadly Alliance
  • Mortal Kombat: Shaolin Monks
  • Metal Slug Anthology
  • Tiger Woods PGA Tour 2004
  • Everybody’s Golf
  • NBA Street V3
  • NCAA Football 2004
  • NBA 2K3
  • FIFA 2003

 

 

 

Top inutili: Le 10 migliori skin non-leggendarie di Overwatch

Sarebbe stato troppo facile comporre una top sulle skin leggendarie.

Il nostro anticonformismo ci porta a prediligere selezioni controverse e inusuali. Ma soprattutto economiche.

Ecco perché abbiamo deciso di stilare una classifica delle skin di Overwatch che non siano leggendarie, per accontentare chiunque si senta particolarmente sfortunato con i loot box e per chi non dispone di risorse auree sufficienti per acquistare costumi sbrilluccicosi ma che ci tiene comunque ad essere ganzo.

Prima di iniziare, qualche regola:

– Abbiamo volutamente escluso le skin delle squadre della Overwatch League perché avrebbero intasato la nostra top. Ci preserviamo un diritto di replica con una classifica appositamente dedicata. Non oggi però.

– Abbiamo escluso le skin del Blizzcon perché rosichiamo a non averle, ma andrebbero nominate tutte perché sono fastidiosamente belle (ed esclusive).

Detto ciò, cominciamo!

 

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10) Sombra – Incendio skin

Ebbene sì. Apriamo questa Top 10 con una sorpresa.

Sombra ha delle fantastiche colorazioni dei costumi rari che ci hanno messo in imbarazzo per la scelta.

Abbiamo pensato che questa skin focosa rappresentasse al meglio l’animo caliente dell’hacker messicana.

 

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9) Pharah – Possessed skin

Prima skin di Halloween ad inserirsi nella nostra top.

Blizzard non poteva fare un lavoro migliore con questa terrificante versione di Pharah che sembra essere tornata dall’oltretomba.

 

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8) Symmetra – Peacock skin

Symmetra dimostra sempre una gran classe.

A risaltare ulteriormente questa sua qualità ci sono gli inserti dorati, con l’elegantissimo ricamo che richiama alla piuma del pavone.

Colore scuro azzeccatissimo.

 

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7) Zenyatta – Skullyatta

L’omnic ascetico assume sembianze grottesche con questa incredibile skin.

Superbe le venature sul capo che vanno a ricamare la materia grigia, con linee nere che marcano l’apparato scheletrico di Zenyatta. Spooky.

 

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6) McCree – Scrooge skin

Tuba, spolverino ricoperto di neve, capelli grigiastri, immancabile sigaro.

McCree incarna il burbero Scrooge, protagonista di A Christmas Carol, diventando il guastafeste per antonomasia.

 

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5) Sombra – Peppermint skin

Sombra torna in questa top dopo aver dimostrato di prestarsi perfettamente a sfumature cromatiche graduali.

Stavolta si aggiudica il quinto posto della nostra top con le classiche colorazioni natalizie, in controtendenza alla sua trasgressività latina.

Un connubio ideale tra il suo stile e la tradizione delle festività.

 

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4) Ana – Ghoul skin

Halloween è la mia festa preferita. Blizzard sembra essere della mia stessa opinione, dato che ha deciso di celebrare questa festa con un evento fantasmagorico.

Ana incarna il mito di Jack-o-lantern, indossando una maschera che richiama la tradizionale zucca intagliata. Brr.

 

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3) D.va – Nano Cola skin

E sul gradino più basso del podio troviamo la fantastica skin promoziale di D.va, gentilmente offerta da Blizzard per un evento limitato dal 28 Agosto al 10 Settembre 2018.

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Molti fan aspettavano da tempo di vedere la gamer coreana con la tutina attillatissima serigrafata e il mecha sponsorizzato della Nano Cola, bevanda friccicante pubblicizzata proprio dalla nostra beniamina.

Colori frizzanti e vivaci, spam ovunque e percentuali vertiginose di moe~ la rendono tra le nostre skin preferite.

 

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2) Reinhardt – Coldhardt skin

Questa spettrale skin di Reinhardt ha tutte le componenti estetiche per essere leggendaria.

Fortunatamente, è soltanto epica.

Armatura crepata da cui trapela una luce fatua, con un gelido fuoco che incendia il volto del nostro eroe solcato dal tempo… Scelta cromatica perfetta, con una colorazione cupa e fredda.

Brividoni.

 

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1) Genji – Nihon skin

Essenziale. Perfetta.

I Giochi Estivi del 2016 furono il primo evento promosso su Overwatch, introducendo nuove emote, highlights e soprattutto skin per gli eroi.

Andammo tutti in brodo di giuggiole, venendo assuefatti dalla malsana meccanica delle microtransizioni per aggiudicarci i nuovi elementi estetici dei nostri beniamini.

Nihon fu la skin più ambita.

Pur essendo epica, divenne proibitivo acquisirla, considerando che la randomizzazione dei forzieri era disastrosa e il materiale promozionale non era ancora acquistabile con i crediti di gioco.

Molti diedero persa per sempre questa skin, divenendo esclusiva per quegli sculoni che ebbero modo di trovarla.

Fortunatamente le regole cambiarono, gli eventi vennero riproposti e Nihon fu  accessibile a chiunque aveva versato fiumi di lacrime credendo di aver perso l’unica chance di ottenerla.

 

Dopo la top, ci teniamo a fare delle minzionimenzioni d’onore per ogni eroe:

Ana: Bastet, Shrike (ma Tal mi fa veramente cagare sotto, perciò la nomino)

Ashe: Winter

Baptiste: non pervenuto

Bastion: Rooster (principalmente per Ganimede versione gallo)

Brigitte: Carbon Filter

D.va: Taegeukgi, Tangerine

Doomfist: Leopard

Genji: Carbon Fiber

Hanzo: Demon

Junkrat: Inferno

Lucio: Gorgon

McCree: Undead

Mei: Pumpkin

Mercy: Snow Angel

Moira: Selkie

Orisa: Twilight

Pharah: Anubis

Reaper: Hellfire

Reinhardt: Lieutenant Wilhelm

Roadhog: non sono un grande fan di Rudolph ma sento comunque di nominarlo. Preferisco Pigpen però.

Sigma: Talon (anche se preferisco che Sigma sia scalzo)

Soldier 76: Ugly Sweater (perché è orribilmente brutto)

Sombra: Mar

Symmetra: Qipao, Regal

Torbjorn: Plommon (personalmente è la mia preferita)

Tracer: Posh, Rose

Widowmaker: Spider

Winston: Banana (of course)

Wrecking Ball: Biohazard

Zarya: Frosted

Zenyatta: Carbon Fiber, Ascendant

(spero abbiate la pazienza di googlarle o cercarle direttamente nella galleria eroi perché noi siamo troppo pigri per allegare una foto di ogni costume) 

Ci auguriamo un incremento di skin poracciosissime durante le partite. Stupiteci!

 

Le top (inutili) della domenica: i 15 nemici di Super Mario preferiti (eccetto Bowser)

Con più di una storia trentennale alle spalle, l’idraulico baffuto ha dovuto affrontare miriadi di nemici diversi che lo dividevano dalla Principessa Peach, in perenne condizione di rapimento.

La domandona di questa ennesima giornata estiva è: Quali sono gli sgherri di Bowser più memorabili? Ma parlo anche dei cazzilli che circolano per il Regno dei Funghi, non necessariamente i boss della fungia.

Non avendo nulla da fare in questa giornata di bighellonamento, mi sono dilettato in una top 15. Tanta è la noia. Ho rovistato tra tutti i giochi di Super Mario facendo una cernita dei nemici più buffi, nostalgici, ostici e particolari.

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Alcuni da cui ho tratto ispirazione. Non sono tutti ma accontentatevi.

 

 

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15) Rex (Super Mario World)

Il primo dei poracci ad essere inserito nella top è Rex, sfigato dinosauretto più coriaceo di quel che sembra. Saltandogli in testa, uno si aspetta che schiatti. E invece no.
Lui continua a sgambettare, recidivo, ma schiacciato a metà.

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Starà a voi decidere se lasciarlo vivere in questa miserabile condizione oppure dargli l’ulteriore colpo di grazia rizompandogli addosso.

 

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14) Mouser (Super Mario Bros. 2 aka Super Mario USA)

Mouser è un pezzentissimo boss del controverso Super Mario Bros 2 che, di stranezze, ne ha tirate fuori parecchie (ed è per questo che lo adoro), tanto che si potevano permettere di mettere un topo con gli occhiali da sole (capirete tra poco perché li indossava, non solo per apparire più ganzo) che aveva delle catapulte al posto delle mani, considerata la velocità con cui lanciava le bombe.
Ad ogni esplosione, si incorre in un attacco epilettico dato l’effetto sparaflashoso che generavano (spiegato il motivo degli occhiali).
Questo maledetto andava ripagato con la stessa moneta, rilanciandogli le sue stesse bombe appresso (facendogliele esplodere in faccia, possibilmente)


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13) Blargg (Super Mario World)

Non lasciatevi trarre in inganno dalla sua espressione da beota: Blargg è uno tosto.

Il suo compito è quello di mordervi le chiappe quando attraverserete la magione di Bowser.

Se tu che ora starai leggendo questo entusiasmante articolo devi aspettare 3 ore per farti il bagno al mare dopo aver mangiato prosciutto e melone, Blargg può nuotare nella lava anche dopo aver trangugiato una peperonata e sgargarozzato chinotto ghiacciato, in barba alla congestione.

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Dopo la sua prima apparizione in Super Mario World, non sorprende che Blargg sia stato richiamato dal boss con il guscio a spilli per sguazzare ancora nei fiumi di lava, a difesa del suo castello. Neanche il tempo di fare domanda all’INPS per la disoccupazione.
Molteplici le sue comparse, anche nelle avventure più recenti:

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Super Mario Galaxy

 

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Super Mario 3D World

 

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E anche in Yoshi’s Island

Ma il nostro preferito è sempre quello originale:

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Col suo sensualissimo strabismo di Venere

 

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12) Super Koopa (Super Mario World)

È un aereo? Una tagliatella volante? No, è Super Koopa!
Dotati di mantello, un Koopa non potrebbe volare, ma lui non lo sa e vola lo stesso.
Sfreccia tra i cieli del Regno dei Funghi in canotta, senza mutande, col suo fisico da giocatore di bocce.
Acciaccandolo, non solo infrangeremo il sul sogno facendolo tornare ad essere un normalissimo Koopa, ma potremo acquisire uno dei power up più fighi del mondo di Super Mario:

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‘a piuma!

Che ci permetterà di svolazzare a nostra volta per tutto il livello!
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11) Hooktail (Paper Mario: Il Portale Millenario)
Hooktail (meglio conosciuta da noi mangiatori di spaghetti come Crimilde) è una draghessa che terrorizza gli abitanti di Borgofiore, tranquilla cittadina popolata dai Koopa che se la fanno nel guscio al sol pensiero che arrivi lei a far merenda.
Ovviamente interverrà Mario per risolvere la faccenda, arruolando Koops (italianizzato in Koopaldo) per far capire alla draghessa che mangiare tartarughe non è etico e che risultano pesanti la sera per la digestione.
Il dettaglio curioso è che Hooktail, apparentemente invincibile, ha un impensabile punto debole: il gracidio di una rana.

 

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10) Chargin’ Chuck (Super Mario World)

Come una vera squadra di football, i Chargin’ Chuck si dividono in ruoli per tentare di intralciare la nostra scampagnata nel Regno dei Funghi.
C’è chi corre, chi zompa; chi, confuso, ci lancia palle da baseball (!?)
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La loro disorganizzazione e tenacia li porta ad essere uno dei nemici più duttili delle avventure bidimensionali di Super Mario, considerando la quantità di ruoli che ricoprono.
Dopo lunghi anni di assenza dai verdeggianti prati in cui rincorrerci e azzardare improbabili schemi, la squadra di football è tornata per romperci gli zebedei anche in Super Mario 3D World:

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Addio Toad.

 

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9) Sumo Bros. (Super Mario World)
Con la loro possenza fisica, i Sumo Bros. fanno tremare tutto battendo un piede in terra, generando una scossa tellurica che bloccherà i vostri movimenti (un po’ come accadeva con i Martelkoopa incicciottati in Super Mario Bros. 3).
Espressione serissima e una dieta a base di spezzatino con i fagioli e cucchiaiate di strutto hanno permesso a questi Koopa di essere potentissimi rispetto agli altri debosciati.
Si segnalano altre apparizioni più recenti, sempre in splendida forma:

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Qui immortalato in tutta la sua magnificenza.

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8) Phanto (Super Mario Bros. 2 aka Super Mario USA)

Se avete avuto un brivido lungo la schiena vedendo l’immagine, sappiate che non siete i soli. Phanto ha generato un’ondata di terrore in tutti i giocatori di Super Mario.
Custode di ogni chiave del gioco, si risveglia appena tenterete di sottrargliela, dandovi la caccia finché non mollate ciò che gli avete rubato. La sua ricerca spasmodica e i movimenti improvvisi lungo tutto lo schermo lo rendono uno dei nemici più imprevedibili che l’idraulico baffuto abbia mai incontrato.
Il suo ghigno vi darà notti insonni, facendovi mettere a letto con la luce accesa, stretti al vostro peluche di Yoshi. O-ovviamente non parlo di me.

7) Big Bertha (Super Mario Bros. 3)

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La pesciona (per noi è una lei) del terzo mondo in Super Mario Bros. 3 guizza incessantemente sul fondo marittimo in attesa di divorarvi in un sol boccone. L’ansia che genera e la necessaria prontezza di riflessi richiesta per schivare i suoi assalti la rendono una nemica infamella da affrontare.

Attualmente è anche ottava tra i personaggi più sensuali di Super Mario. Ma questa è un’altra storia che riserviamo per un altro articolo da sfoderare in un’altra inutile giornata a cui tenteremo di dare un senso.

6) Angry Sun (Super Mario Bros. 3)

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Alzando gli occhi al cielo in questa rovente giornata di Luglio, verrete accecati ed abbrustoliti dai prepotenti raggi solari dell’Angry Sun.

A differenza di quello appartenente al nostro Sistema Solare, il sole in Super Mario Bros. 3 è incazzatissimo e cercherà di ustionarvi le chiappe flosce agitandosi per tutto lo schermo con assalti frontali per poi tornare in cielo e ripiombare su di voi per squagliarvi. 

Dopo che venne scongiurata la sua presenza nel diabolico editor di Super Mario Maker, Nintendo ha deciso che l’incubo fiammeggiante doveva tornare per terrorizzarci di nuovo nel recente Super Mario Maker 2.

Il design è raccapricciante:

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Sì indaga ancora su cosa gli sia successo.

 

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5) Lakitu (Super Mario Bros.)

Non fatevi abbindolare da quella faccia pacioccosa e gli occhiali da rincitrullito: questo nerd vi farà dannare.

Lakitu fa la sua comparsa nel primo Super Mario Bros, svolazzando a bordo della sua nuvoletta tra i cieli pixellosi. Da codardo quale è, vi lancerà dei gusci spinosi tenendo il deretano lontano dagli scarponi dell’idraulico baffuto, a bordo della sua nuvoletta. Ciò non basterà per scamparla: potrete fottere Lakitu raggiungendo un spazio elevato per fargli assaggiare le vostre suole. In compenso, potrete anche fregargli la nuvoletta e completare il livello in volo.

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Il quattrocchi cercherà il riscatto nelle avventure successive, ma con scarse probabilità di successo.

Deluso dalle sue prestazioni, Bowser deciderà di affidargli altri compiti. Facendo parte del club audiovisivo, Lakitu coprirà il ruolo che maggiormente si confà alle sue caratteristiche da nerd: cameraman, esordendo in Super Mario 64.

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La sua carriera decolla (letteralmente) venendo confermato in Mario Kart 64, occupandosi dell’avvio delle gare e ripescando dall’oblio tutti quei piloti sventurati finiti fuori pista.

Innumerevoli le sue presenze nel franchise Nintendo, trovando spazio nelle rappresentazioni sportive e party game senza però rinunciare al fracassamento dei maroni apparendo sporadicamente come nemico. Giusto per spaccargli di nuovo gli occhiali.

 

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4) Rawk Hawk (Paper Mario: Il Portale Millenario)

Il cazzutissimo Rawk Hawk fa parte del variegato compendio di antagonisti presenti nel mondo di Paper Mario. Con l’alter-ego “The Great Gonzales”, il nostro idraulico cartaceo dovrà effettuare una scalata al successo partendo dai bassifondi più infimi del wrestling, fino alla proclamazione che lo porterà a sfidare il campione.

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Petto villoso, atteggiamento spaccone e potenza di percosse sono le tre caratteristiche che contraddistinguono “The Feral Nuclear Reactor” Rawk Hawk!

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3) Birdo (Super Mario Bros. 2)

Scrivere di Birdo ci porta ad aprire uno dei fascicoli più scottanti dell’archivio segreto di Nintendo. In quel brodo primordiale chiamato Super Mario Bros. 2, lo sputatore di uova è certamente uno degli elementi più controversi per un titolo che ha comunque saputo offrire una sfilza di personaggi che manco con La fabbrica dei mostri potevi partorirli.

Birdo ha riscosso un insospettabile successo. Oggi la troviamo ancora presente in innumerevoli giochi Nintendo in tutta la sua disagevole presenza. Fascino da Platinette infiocchettata e un po’ diva alla Marini che ti fa inevitabilmente simpatizzante per lei, Birdo ha conquistato i cuori di tutti, come solo una vera star sa fare.

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2) Koopa Bros. (Paper Mario)

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Così ridicoli e tenaci che è impossibile non premiarli su un podio d’onore.

I Koopa Bros. cercheranno di romperci le uova nel paniere facendo la loro comparsa con coreografie sgargianti e ridicole pose da Power Rangers.

Starà a noi parcheggiare le nostre scarpe antinfortunistiche nei loro gusci smandrappati.

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1) Wart (Super Mario Bros. 2)

Data l’assenza di Bowser, ci serviva un grande cattivone che potesse fare le sue veci. Wart è il perfetto antagonista sostitutivo di cui avremmo voluto sapere e vedere di più nel corso della storia del Nintendoverso. Strano che anche lui sia appartenente al mappazzone stroboscopico di Super Mario Bros. 2.

 

Il regale rospone ci vomita addosso bolle con la stessa cadenza di fuoco di un millennials che beve la sua prima Corona e fa uscire il meglio di sé a fiotti. Wart però non è furbissimo ad affrontarci in un sottorraneo munito di fabbrica genera-frutta in un gioco in cui zucche e altre diavolerie estirpabili dall’erba sono l’arma principale.

Dopo la sua disfatta, Wart è desaparecido. È stata così forte la batosta oppure l’antagonismo con Bowser lo ha schiacciato? Ci vorrebbe puntatone di Meteore. Noi intanto lo piazziamo primo, sperando che i piani alti di Nintendo leggano l’articolo.

 

Qui si conclude la nostra mozzafiatante top 15. Abbiamo escluso volutamente i nemici più canonici optando per le varianti più bizzarre e memorabili.

Non è detto che anche loro non possano trovare uno spazio sul nostro blog, se ci andrà. 

 

 

NES su Nintendo Switch: classifichiamo i 20 titoli disponibili (prima parte)

Una delle novità più esaltanti del nuovo servizio online di Nintendo Switch è la possibilità di giocare a 20 classici per NES direttamente sulla nostra console.
Nintendo promette di ampliare la line-up a disposizione dei giocatori, rivelando già i prossimi innesti che verranno inseriti ogni mese.
Accessibili senza dover attuare alcun download, la piattaforma di supporto necessita di un collegamento online e di effettuare il login “di tanto in tanto” per mantenere il servizio attivo.

Ma come si sono mantenuti i titoli per NES? Ad oggi, quali risultano essere i più accessibili e fruibili, a distanza di oltre 30 anni dal loro rilascio?

Dopo una settimana di full immersion nel passato, siamo pronti a stilare la nostra top!

Premessa: l’ordine in cui sono classificati i titoli è del tutto personale e valuta per il più il fattore giocabilità odierno, oltre a considerare la loro importanza storica.

 

20) Baseball (1985)

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Il baseball è uno degli sport più popolari in Giappone nonché il più seguito negli Stati Uniti. Tale è il suo successo che Nintendo decise di rilasciare Baseball al lancio della sua console.
Purtroppo questa trasposizione per NES parla un linguaggio che per noi, provenienti da un’altra cultura sportiva, è difficile comprendere. Nella sua semplicità, il titolo Nintendo riesce ad essere piuttosto tecnico risultando però difficile da decriptare se non si conoscono le regole dello sport.
L’assenza di strategia, senza alcuna caratterizzazione particolare per i giocatori e le squadre (senza licenza) rende il titolo privo di appeal e coinvolgimento.
Provenendo dall’immediatezza di Wii Sports, è difficile riuscire ad approcciarsi a Baseball con la stessa nonchalance ed immediatezza.
Gli appassionati potranno sicuramente apprezzare come Nintendo riuscì ad emulare lo sport sulla sua console 8 bit.

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19) Soccer (1985)

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Altro titolo sportivo a finire in coda alla nostra top.
Potenzialmente, un gioco di calcio poteva offrire parecchie emozioni ed ore di divertimento.
Invece, Soccer è estremamente LENTO, tale da renderlo più una partita a Subbuteo che una simulazione videoludica.
Solo 7 nazionali selezionabili (tra l’altro, manca l’Italia…) e 5 giocatori per squadra (+ il portiere) rendono insoddisfacente ed incompleta l’esperienza di gioco.
Soltanto due interazioni con il pallone: passaggio e tiro. Difficile differenziare entrambi i comandi dato che la palla viene calciata inconcludentemente.
Nessun controllo sui movimenti del giocatore a cui viene lasciato libero arbitrio alla CPU.
La sensazione è che sia una versione di Hockey (che troverete scorrendo sotto), però più fiacca e noiosa.
Nessun effetto audio o musica a tentare di rendere più coinvolgente un titolo per cui difficilmente riuscirete a trovare dei motivi per giocarci.

Momento migliore: la schermata di selezione di un altro gioco.

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18) Tennis (1985)

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Tennis è appartenente alla serie di titoli sportivi – sviluppati da Nintendo – che prolificavano su NES, spaziando in tutte le discipline e categorie.
A distanza di 30 anni, l’azione sul green risulta essere tediosa e poco esaltante, richiedendo una precisione ed un tempismo nel colpir la palla che potrebbe mettere in imbarazzo i curiosi avventori del retrogaming, fallendo una battuta o non riuscendo a rispondere allo swing avversario.
Incrementando la difficoltà non si riesce a ragionare più, rendendo la pallina imprendibile, venendo bersagliati spesso dalle sciabolate del vostro sadico rivale pixelloso che vi sparerà addosso colpi micidiali ed infami.
Giocato con un amico, può risultare sicuramente più divertente, condividendo le gaffe e superando l’imbarazzo relativo alle proprie incapacità.

Momento migliore: Super Mario come giudice della partita!

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17) Pro Wrestling (1986)

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Nella carrellata di titoli sportivi, Nintendo decise di portare l’azione sul ring anche su NES.
Selezionando sei diversi lottatori (piuttosto eccentrici), potrete darvele di santa ragione tra le corde, mazzolandovi tra calci, pugni e qualche proiezione per schiacciare a terra il vostro avversario. Le botte possono spostarsi anche fuori dal ring, scaraventando il vostro avversario oltre la terza corda – ma occhio al conteggio dell’arbitro (!!).
Lasciate da parte la tecnica: Pro Wrestling è puramente arcade! Vince chi smanetta più velocemente con levette e pulsanti.
Rooster ristretto e l’assenza di tag team o altre stipulazioni speciali possono rendere il titolo ripetitivo dopo una manciata d’incontri… in quel caso, meglio chiamare un amico per fracassarlo di mazzate a 8 bit!

Momento migliore: “A WINNER IS YOU!” è pura nostalgia, nato da un ingenuo errore di traduzione.

 

16) Double Dragon (1988)

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Prima che mi vengano lanciati dei pomodori, accompagnati da frasi ingiuriose, è bene fare una precisazione: il mito di Double Dragon è indiscutibile.
Il classico da bar ha trovato su NES la sua casa con una fortunosa serie di titoli di gran successo.
Ma questa prima trasposizione sulla console Nintendo aveva i suoi limiti.
Il primo è l’assenza del coop, che di per sé rende imperdonabile questa conversione casalinga.
Il secondo è la presenza massima di due nemici su schermo (dello stesso tipo, tra l’altro), dovute alle ristrettezze hardware dell’epoca.
Questi due fattori compromettono in (gran) parte l’esperienza di gioco per come abbiamo saputo originariamente apprezzarla sul cabinato.
Ciò non toglie che imprimere un classico arcade su cartuccia è un’impresa ardua e, seppur con le sue ristrettezze, è comunque possibile godersi i pestaggi per strada, purtroppo senza un nostro amico a darci man forte.
In attesa dell’aggiunta degli altri sequel della serie, potremmo comunque goderci l’originale Double Dragon, anche se un certo River City Ransom risulta essere ben più accattivante.

15) Mario Bros. (1986)

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Prima che vi prenda un attacco di tachicardia e chiudiate il blog indignati, questo NON È Super Mario Bros. bensì il suo predecessore.
Prima di salvare la Principessa Peach dalle grinfie di Bowser, Mario era un semplice idraulico che doveva compiere il suo lavoro, cappottando tartarughe ed altre creature che fuoriuscivano dalle tubature, schiacciandole poi con un salto. Qui troverete tutti elementi ben noti alla serie dedicata al nostro eroe baffuto.
Mario Bros. è un classico arcade che trova accoglienza su NES soltanto dopo il successo della sua prima avventura bidimensionale nel Regno dei Funghi.
Ad oggi, la sua funzione è per lo più ai fini storici, interessando agli aficionado più nostalgici che all’epoca andavano al bar per passare i pomeriggi al cabinato.
Concedersi qualche partita è comunque d’obbligo, anche se difficilmente decidere di spender il vostro tempo negli umidi sotterranei di Mario Bros. sapendo che avete a vostra disposizione Super Mario Bros. e Super Mario Bros. 3.

Momento migliore: utilizzare il POW facendo cappottare tutti i nemici su schermo (è anche il primo gioco in cui appare Luigi!)

14) Ice Hockey (1988)

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La prima ondata di titoli sportivi su NES non fu particolarmente fortunata.
Hockey rappresenta però un’eccezione.
Il gioco risulta essere sorprendentemente fluido e fruibile tutt’oggi, con parecchie animazioni che arricchiscono l’esperienza.
Non possono mancare le zuffe tra le due squadre con la possibilità che diventino megarisse in cui tutti i giocatori in campo si litigano il dischetto, in una sovrapposizione di pixel in cui bisogna smanettare con i tasti per averla vinta – previa squalifica dell’arbitro.
È possibile comporre la squadra a proprio piacimento, selezionando tre diversi tipi di giocatori in base alle vostre preferenze: c’è lo smilzo, più agile ma vulnerabile ai contrasti; il grassottello, perfetto per accaparrarsi il dischetto con la sua prestanza fisica, risultando però più lento nei movimenti; il giocatore di corporatura media, equilibrato in tutte le statistiche.
Seppur ciò, il gioco risulta esser limitato per avere solo quattro elementi per squadra + il portiere (nell’hockey sono 6 i giocatori) e soltanto 6 nazionali selezionabili (tra cui però c’è l’URSS…!).
Hockey mette a disposizione diversi livelli di difficoltà, potendo velocizzare anche l’azione: renderà il gioco un flipper sul ghiaccio!

L’assenza di Blade of Steel lascia la strada spianata ad Hockey, sperando comunque di vedere anche il titolo Konami per sferragliamenti sui ghiaccio ad 8 bit.

Momento migliore: alla fine del secondo quarto, arrivano i spazzaneve guidati da dei tipi con la maschera di Jason. Spooky!

 

13) Donkey Kong (1985)

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Donkey Kong è il classico dei classici.
Prima che Mario fosse tale e che la Principessa Peach facesse la sua comparsa, il nostro idraulico baffuto era conosciuto come Jumpman e la prima donzella ad esser salvata fu Pauline (tornata su Super Mario Odyssey come sindaca di New Donk City) dalle grinfie dello scimmione Donkey Kong.
Saltando barili e salendo scale, Mario deve raggiungere la cima delle impalcature andando in soccorso della sua prima fiamma.
Seppur sia indiscutibile la sua storia e indubbio il suo fascino retrò, Donkey Kong sente l’inesorabile peso degli anni sulle sue scimmiesche spalle, robuste per sorreggere ancora 100 di questi anni.
Questa conversione per NES ha soltanto 3 livelli (rispetto ai 4 livelli presenti su cabinato) e l’assenza del leggendario intro, il che non la rende la versione più fedele del primate a 8 bit.

Momento migliore: acciuffare il martello e iniziare a sfasciare i barili lanciati da Donkey Kong!

 

12) Ice Climber (1985)

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Ice Climber è per lo più conosciuto per la presenza di Popo e Nana nel rooster di Super Smash Bros. Melee, ma prima di martellare gli altri eroi Nintendo nel picchia-picchia per Gamecube, il dinamico duo impellicciato si prodigava in eroiche scalate tra i ghiacci.
L’incipit è alquanto strano: un condor gigante ha rubato i vostri ortaggi disseminandoli tra i picchi innevati. Starà a voi recuperarli, saltando su piattaforme, spaccando blocchi di ghiaccio e prendendo a martellate buffi animaletti che tenteranno di ostacolare la vostra impresa.
Giunti in cima, avrete 40 secondi di tempo per recuperare quante più verdure possibili, tra lattughe e melanzane.
Fate attenzione però: se cadrete il bonus finirà immediatamente.
I salti di Popo e Nana sono sorprendentemente alti, funzionando più per la loro verticalità: scivolare dalle piattaforme o intruppare sui soffitti di ghiaccio vi porterà a figure barbine.
Ice Climber è un giochino carino nella sua essenzialità ma che oggi appare piuttosto datato. È comunque un simpatico intrattenimento, perfetto per concedersi qualche partita in completa spensieratezza.

11) Ghost’n Goblins (1986)

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Le origini delle bestemmie.
Odierete Ghost’n Goblins. È ESTREMAMENTE DIFFICILE, ancor più delle sue future proliferazioni.
Due colpi e siete morti. Nessun doppio salto. RARISSIMA possibilità di riacquisire l’armatura dopo averla persa.
Poter salvare i propri progressi in qualsiasi momento, con la funzionalità integrata da Switch, potrebbe evitarvi una gastrite, anche se dovete comunque esser pronti a ripetere la stessa sequenza fino alla nausea.

Ghost’n Goblins possiede delle meccaniche di gioco infami, ma che lo rendono avvincente e competitivo.

Andare in giro in mutande a combattere zombie nei cimiteri è un piacere perverso e tragicomico che nessun altro gioco potrà concedervi (oddio, forse Maximo sì)

Solo per i giocatori più hardcore e masochisti.

Momento migliore: Il vero finale che non riuscirete mai a vedere.

E con questo, finiamo la nostra prima parte dedicata ai classiconi Nintendo.
Se la nostalgia vi sta attanagliando, cliccate qui per la seconda parte!

 

 

 

Nintendo Switch Online: perché tante critiche?

Nintendo ha lanciato il suo servizio online settimana scorsa, tra perplessità e curiosità da parte dell’attenta comunità videoludica.

I giocatori non si sono risparmiati critiche in questi primi giorni di esordio.
Da cosa sono scaturite?

Cerchiamo di analizzarlo insieme, commentando i servizi che ha deciso di offrire Nintendo ai suoi utenti.

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Parto con una provocazione:
Introdurre un servizio a pagamento è ciò di più anti-Nintendo che Nintendo stessa potesse fare. Questa conformazione, che non è altri che un adeguamento ai tempi, doveva prima o poi avvenire laddove la concorrenza di Sony e Microsoft propone già da tempo un abbonamento per usufruire dei contenuti di gioco in rete.

Effettuare questo passo significa cedere ad un processo inevitabile in cui Nintendo sente di dover monetizzare, strutturando un servizio che sia conforme alle esigenze dei suoi utenti – e dunque, giustificandone il pagamento.

Con ciò che attualmente il servizio propone, è giustificato imporre un costo mensile?

Bè, non proprio.

Il progetto venne già rimandato a ridosso del 2018, quando si parlò di un suo ipotetico lancio ad inizio anno.
Successivamente, l’ufficializzazione che Nintendo avrebbe atteso Settembre prima di avviare il servizio online.
Analizzando ciò che è stato proposto, ci si chiede come siano stati impiegati questi 9 mesi che ci hanno separati dal rinvio.
È possibile che Nintendo non avesse le idee chiare al riguardo, o che volesse attendere il momento più propizio per giustificare l’introduzione a pagamento di un servizio finora gratuito, considerando i rilasci nei prossimi mesi di Super Smash Bros. Ultimate e Pokémon Let’s Go, Eevee!/Let’s Go, Pikachu!.

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Nintendo si è voluta mettere in gioco con dei prezzi decisamente competitivi. Basterà per convincere gli utenti ad abbonarsi?

 

 

Il cloud è stato l’elemento più discusso. Per chi non lo sapesse, è una memoria supplementare offerta da Nintendo per archiviare online i propri salvataggi.
Piuttosto utile, considerando che lo spazio non basta mai.
Ma nel momento in cui si disdice l’abbonamento, come si fa?
Sembrerebbe che quei salvataggi diventano inaccessibili fintanto che non si è più beneficiari del servizio.
Ciò significa che, non potendo accedere ad essi, non potremmo recuperare i nostri progressi nei titoli a cui stiamo giocando.
Un vincolo che Nintendo doveva evitare di creare. Inoltre, non tutti i titoli sono compatibili (notare l’assenza di Splatoon 2 e i prossimi titoli Pokémon).

Molti giocatori hanno riscontrato un servizio non proprio efficiente durante le loro esperienze online ai titoli che usufruiscono del gioco in rete (Mario Kart 8 Deluxe, Splatoon 2, Arms etc.); sostanzialmente, Nintendo non sta offrendo nulla che non fosse già gratuito prima.

Ciò che effettivamente manca è un sistema che supporti la possibilità di comunicare tra i giocatori attraverso Switch.
Piuttosto, Nintendo ha preferito creare un app che permetta ai suoi utenti di rimanere in contatto durante il gioco. Scelta che definirei addirittura “troppo Nintendo”, ma comunque conforme alle sue politiche di tutela per gli utenti, soprattutto i più piccoli, in modo che si eviti di entrare direttamente in contatto con degli estranei. Sono concetti romantici ma che suonano però obsoleti nel 2018.
La stessa Wii U aveva un sistema di comunicazione che permetteva addirittura la videochiamata attraverso il gamepad, senza considerare inoltre il Miiverse

Anziché scaricare l’app, tanto vale usufruire dei servizi di messaggistica disponibili per smartphone o altri dispositivi.

Uno (se non IL) motivo per cui c’è seriamente da prendere in considerazione la possibilità di iscriversi al servizio è l’accesso alla libreria NES.
20 titoli selezionati per una line-up che si arricchirà mensilmente con altri giochi appartenenti alla prima console casalinga di Nintendo.
Già ad Ottobre ne verranno introdotti altri, rivelando le gradite aggiunte per il resto del 2018.
Un’occasione ghiotta per riscoprire le origini del Famicom.
Nintendo ha inoltre introdotto il multiplayer locale e online per rivivere nuove emozioni con i titoli del passato.
Un’autorefenzialità che Nintendo può permettersi – ed era davvero ora! – per preservare e rendere accessibile la sua ricca storia videoludica.

I contenuti esclusivi di cui potranno beneficiare gli abbonati sono delle chicche apprezzate ma sembrano rivolte per lo più agli aficionado più incalliti che possono permettersele.
I controller wireless del NES potrebbero diventare oggetti del desiderio da parte dei giocatori più nostalgici, ma il loro prezzo non è particolarmente allettante, considerando che è possibile impiegarli soltanto per i titoli NES.
L’accesso a sconti esclusivi rimarcherebbe ciò che è già proposto agli utenti Sony del Plus e del Live su Microsoft.

Le critiche giunte finora sono state un po’ troppo aspre e affrettate nei confronti di Nintendo.
Il servizio deve essere sicuramente migliorato ed implementato ma io credo Nintendo stia cercando di offrire il meglio ai suoi giocatori.
Ciò che è contestabile riguarda alcune scelte che vincolano Nintendo in un concetto desueto ed idilliaco di servizio online, che idealmente funzionerebbe ma che lascia insoddisfatti molti dei suoi utenti per ciò che propone.
Complessivamente, mi ritengo soddisfatto di questa prima settimana di prova ma è pur vero che da Nintendo, soprattutto dopo tanta attesa, ci si aspettasse di più; forse molti non perdonano alcune magagne emerse sinora.
C’è comunque tempo per rispondere alle esigenze di una utenza che si è notevolmente ampliata rispetto alla generazione precedente e che, oramai, in casa non ha soltanto console Nintendo.

La macchina perfetta

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“E se lo facesse Sony?”

Già fantasticavamo sulla line up, impugnando il pad del nostro SNES mini. Come se non ci bastasse, come se fossimo insaziabilmente affamati di nostalgia.

Nintendo ha dimostrato il potenziale e il fascino di riprodurre, in versione miniaturizzata, i grandi classici che ci accompagnarono durante la nostra infanzia, racchiusi in una console così piccina.

Dopo il rilascio del Commodore 64, anche SEGA e SNK sembrano voler lanciare sul mercato la versione mini delle loro creazioni. E Sony? Per ora si è limitata ad un Pesce D’Aprile. Ma che l’abbia fatto per sondare il terreno?

Ciò è comunque bastato per alimentare la desiderabilità di una Playstation Mini, magari rilasciata in un futuro remoto. In attesa (o meglio, nella speranza) che Sony annunci ufficialmente lo sviluppo, ci siamo chiesti: quali giochi non dovrebbero assolutamente mancare al suo interno?

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1) Spyro Trilogy (Spyro The Dragon; Spyro 2: Ripto’s Rage; Spyro 3: The Year of the Dragon)

Pensando a Playstation, la memoria va a quei pomeriggi passati insieme al draghetto viola, arrostendo innocenti pecorelle e incornando i deretani degli sgherri del cattivone di turno. Dopo il recente annuncio di una versione remastered per PS4, poter vivere le avventure di Spyro nella sua forma originale potrebbe risultare suggestivo, anche per poter confrontare passato e futuro di un gioco che ha mantenuto integra la sua freschezza ed originalità ad ormai 20 anni di distanza.

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2) Crash Bandicoot Trilogy  (Crash Bandicoot; Crash Bandicoot 2; Crash Bandicoot 3:Warped) + Crash Team Racing + Crash Bash

Mascotte dell’era Playstation, Crash Bandicoot è un elemento imprescindibile per la lineup della console mini. Anch’esso fresco di remastered, il pupillo di Naughty Dog ha caratterizzato un’intera generazione di videogiocatori come platform tridimensionale frenetico, con irresistibile simpatia e una formula di gioco che lo rendesse fruibile e spassosissimo. Ad arricchire il compendio di titoli, non possono mancare CTR con folli gare di go kart e Crash Bash, party game caciarone richiesto a gran voce da molti giocatori nel corso degli anni ma che finora non sono ancora stati accontentati: questa sarebbe certamente l’occasione giusta.

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3) Final Fantasy VII + VIII + IX

Quando una saga storica come Final Fantasy passò da Nintendo a Sony, la storia cambiò. Quando Squaresoft (all’epoca non ancora accorpata alla Enix, sviluppatrice di Dragon Quest) rilasciò Final Fantasy VII, il mondo videoludico si arrestò, divenendo fenomeno culturale e trascendendo la sua forma elettronica. Un universo racchiuso in un videogioco. In attesa del remake su PS4, ingannare l’attesa rigiocando questo capolavoro nella sua versione originale potrebbe permettere anche di apprezzare maggiormente la futura riedizione.

Non c’è però da dimenticarsi di Final Fantasy VIII e Final Fantasy IX, anch’essi irrinunciabili, che andrebbero a comporre un trittico di titoli che racchiuderebbero la storia contemporanea dei giochi di ruolo giapponesi.

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4) Tekken 3

Se con Crash, Spyro e Final Fantasy ci siamo presi la libertà di includere tutti i titoli a loro dedicati, con Tekken la questione si fa spigolosa. Per quanto vorremmo avere tutti e 3 i capitoli del picchiaduro Namco custoditi nella nostra Playstation Mini, possiamo comprendere che, per ristrettezze, si dovrebbe rinunciare a qualche tassello. Se dovessimo scegliere il miglior rappresentante della serie, il prescelto sarebbe senz’altro Tekken 3. Rilasciato alla fine di un ciclo generazionale, è colui che ha rappresentato un distacco netto per il suo comparto tecnico avanguardistico, rassomigliando già ad un titolo PS2 (tant’è che Tekken Tag Tournament, presente al lancio di Playstation 2, non è altri che Tekken 3 rispolverato e riadattato alla nuova console), caratterizzando da un gameplay più tecnico e realistico.

Anche se nel mio cuore sono racchiusi i ricordi di Tekken 2 – il più romantico della serie – e le 500 lire inserite nel cabinato del primo Tekken, Tekken 3 ha sancito un cambiamento notevole per il futuro di Namco.

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5) Vagrant Story

Probabilmente è l’inserimento più inatteso rispetto a quelli richiesti ma per chi conosce già questo titolo, saprà quanto meriti di essere incluso all’interno di Playstation Mini.

Vagrant Story è un JRPG sviluppato da Squaresoft che non ha nulla da invidiare a Final Fantasy, rappresentando un adattamento originale e controverso per le sue tematiche e le ambientazioni, oltre che per la sua natura che lo fa annoverare tra i dungeon crawler, con meccaniche di gioco uniche.

Concepito da Yasumi Matsuno – che lavorò già a Tactics Ogre e Final Fantasy Tactics -, Vagrant Story darà vita ad Ivalice, mondo dove in futuro sarà ambientato Final Fantasy XII.

È un titolo che meriterebbe senz’altro maggior apprezzamento rispetto a quello che ha ricevuto: un rilascio su PS mini potrebbe permettere a molti appassionati del genere di giocarlo.

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6) PaRappa The Rapper

Soltanto leggendo il titolo, ci risuonano in testa i “tormentoni” musicali che hanno caratterizzato i nostri pomeriggi negli anni 90 e che ancora non possiamo fare a meno di canticchiare di tanto in tanto.

PaRappa è il rhythm game per eccellenza, che vi accompagnerà con una grafica coloratissima e cartoonesca durante le vostre esibizioni. Non sottovalutatelo per le sue apparenze: può divenire sorprendentemente avvincente (ed anche ostico in alcuni frangenti), richiedendo sincronia e tempismo nel premere i tasti sul controller al momento adatto.

Preparate la borsa del ghiaccio: dopo una sessione a PaRappa vi servirà per scongiurare il tunnel carpale.

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7) Resident Evil Trilogy (Resident Evil; Resident Evil 2; Resident Evil 3: Nemesis)

Nel 1996, Capcom diede inizio ad un fenomeno che terrorizzò una generazione di videogiocatori. Resident Evil sancì la nascita dei survival horror, corrente che avviluppò nelle tenebre l’utenza Playstation. La genesi dei morti viventi non poteva fermarsi ad un unico capitolo e Capcom proliferò con altri due episodi, sempre ambientati a Raccoon City.

La serie procede tutt’oggi con il rilascio di Resident Evil VII su PS4.

La genesi del terrore nacque qui.

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8) MediEvil I & II

Il ritorno di Sir Daniel Fortesque attende soltanto un’ufficializzazione. Sony sta lavorando ad una remastered che riporti il cavaliere scheletrico su PS4. Ciò non toglie che vorremmo comunque poter rigiocare MediEvil nelle sue tenebrose e scanzonate vesti rilasenti all’epoca 64 bit.

Non includerlo sarebbe un delitto.

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9) Oddworld Abe’s Oddysee

“Ciao!” “Seguimi!” “OK!”

Basterebbero queste tre parole per racchiudere i nostri ricordi con Abe.

Un gioco che, con l’innocenza della nostra età, non ci accorgevamo quanto rispecchiasse una realtà grottesca e inquietante.

Abe deve salvare i suoi amici dalla macellazione nell’enorme Mattatoio Ernia che produce cibo in scatola… con la carne dei Mudokon (la razza a cui appartiene il nostro protagonista).

Risoluzioni di enigmi, tra attivazioni di congegni, collaborazione con gli altri compagni e fasi platform, in Oddworld si sopravvive con pazienza e ingegno.

Per chi volesse, Abe’s Oddysee è già stato rilasciato su PS4 in una versione rivisitata: New ‘n’ Tasty.

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10) Ape Escape

Come potrebbe mancare la caccia alle scimmiette?
Ape Escape divertì una generazione di giocatori con le sue frenetiche rincorse col retino appresso i primati, in ambientazioni coloratissime e vivaci.
Il suo successo fu tale che in Metal Gear Solid 3 era presente anche una modalità a loro dedicata!

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Sarebbe bello tornare a scorrazzare come forsennati in quel mondo poligonale, sperando che lo scandaloso doppiaggio possa esser corretto.

 

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11) Metal Gear Solid

MGS fu qualcosa di unico per l’epoca, introducendo le meccaniche stealth e di spionaggio in un gioco che richiedeva cautela e astuzia nel suo approccio. I suoi contenuti e la profondità della narrazione l’hanno resa una delle esperienze videoludiche più significative di quella generazione.
Impossibile dimenticare ciò che ci lasciò Shadow Moses.
Il suo inserimento in una PS mini è obbligatorio.

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12) Silent Hill

Se molti considera(va)no Resident Evil l’esperienza horror per eccellenza durante la generazione Playstation, forse è perché non ebbero modo di visitare Silent Hill.
L’inquietante struttura partorita da Konami ci suscita ancora di brividi freddi lungo la schiena al sol pensiero. Questo fu l’inizio di una genesi del terrore, proseguita successivamente sulle altre console.

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13) Gran Turismo 2

Il “Real Drive Simulator” nacque sulla prima Playstation mostrando un comparto grafico all’avanguardia, con un parco automobilistico esaustivo per ogni appassionato delle quattro ruote. Personalmente preferisco il secondo capitolo di GT, considerandolo più completo del suo esordio seppur siano entrambi notevoli per l’esperienza che offrono

 

Ricapitolando:

  • Spyro The Dragon
  • Spyro 2: Ripto’s Rage
  • Spyro 3: The Year of the Dragon
  • Crash Bandicoot
  • Crash Bandicoot 2
  • Crash Bandicoot 3: Warped
  • Crash Team Racing
  • Crash Bash
  • Final Fantasy VII
  • Final Fantasy VIII
  • Final Fantasy IX
  • Tekken 3
  • Vagrant Story
  • PaRappa the Rapper
  • Resident Evil
  • Resident Evil 2
  • Resident Evil 3: Nemesis
  • MediEvil
  • MediEvil 2
  • Oddworld Abe’s Oddysee
  • Ape Escape
  • Metal Gear Solid
  • Silent Hill

 

Tanti i grandi assenti nell’articolo, ma razionalmente sappiamo che non verrebbero inclusi tutti. Di seguito, le menzioni d’onore:
Hercules, Pandemonium I & II, Tomba! I & II, Parasite Eve I & II, Umjammer Lammy, Suikoden I (ma soprattutto il II), Wipeout e/o Wipeout 2097 (che verrebbe sicuramente inserito da Sony), Dino Crisis, Klonoa: Door to Phantomville (questo è uno dei miei titoli Playstation preferiti), Tomb Raider (anche questo verrebbe sicuramente incluso, non so se tutti…), Legacy of Kain: Soul Reaver e soprattutto…

Castlevania: Symphony of the Night

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Guru Meditation #2: “Fattore temporale”

Potrei iniziare questo articolo con una massima scontata ma mai banale, appropriata ma ormai inflazionata:

Il tempo è relativo.

È una regola universale che vale anche nel mondo videoludico .

Titoli intramontabili come Super Mario Bros. scindono da qualsiasi vincolo temporale, perché eterni, sempreverdi.

Quando trent’anni fa venne rilasciato il primo storico Super Mario Bros. su Famicom (da noi in occidente conosciuto come NES), probabilmente non si era consci di come, quel mondo costellato di pixel celasse la formula di un elisir dell’immortalità, un algoritmo semplicemente perfetto di un gioco capace di intrattener e divertire tuttora, per quanto intanto di progressi se ne sono fatti parecchi dall’era dell’8-bit.

Siamo nell’era del videorealismo, del 4K, dei 60 fps, di tutte quelle terminologie tecniche di cui ci si riempie la bocca ma che in sostanza a nulla servono. Sono standard che ormai si pretendono e si danno per scontati, in una costante ed estenuante ricerca della perfezione grafica, divenuta oramai monomania fine a se stessa.

Ciò che conta è il divertimento e un gioco, per quanto virtualmente possa offrire un quantitativo incalcolabile di intrattenimento, finisce quando giunge la noia e la ripetitività. Torniamo dunque al fattore temporale, facendo delle distinzioni.

Esiste longevità e temporalità.

La longevità è relativa alla durata effettiva di un gioco, di quanto esso offra intrattenimento al giocatore, spesso concludendosi con i titoli di coda dell’avventura principale.

La temporalità è un concetto più romantico ed astratto: è la vita effettiva di un gioco, relativa all’interesse del pubblico.

Super Mario Bros. lo si può concludere anche in un pomeriggio (longevità) ma il suo fattore temporale lo rende un gioco che, per quanto potrebbe risultare antologico e desueto, possiede un fattore temporale che lo eleva ad essere, per l’appunto, intramontabile.

È un classico, e vale così per ogni forma d’arte: che si tratti di Dostoevskij per la letteratura o di Hitchcock per il cinema, anche i videogiochi non sfuggono al concetto di classico.

Parlando dei tempi odierni, il concetto di temporalità è piuttosto effimero, per quanto paradossale possa sembrarlo.

Rispetto al passato, le pubblicazioni videoludiche sono costanti, con release divenute oramai giornaliere, anche grazie al mercato indipendente e al mondo digitale, laddove prima non esisteva questa possibilità.

I videogiochi odierni si incentrano sulla giocabilità online, funzionalità che ha sempre esteso la longevità di un titolo e conseguenzialmente anche la sua temporalità.

Il paradosso sta proprio in questo; per quanto il gioco in rete dovrebbe concedere virtualmente un quantitativo di ore tendenti all’infinito, con tutte le possibilità e le funzionalità che mette a disposizione dei giocatori, subentra un fattore umano: la noia.

L’utenza è certamente cambiata e di conseguenza il mondo videoludico, che ruota sempre più velocemente. I videogiocatori sanno stufarsi presto anche di un sistema di gioco che dovrebbe poterli intrattenere a lungo. Eppure, il pubblico esigente, sempre alla ricerca di nuovi stimoli, pur di soddisfare le proprie, cangianti esigenze, va altrove.

Perché?

Siamo una generazione incontentabile che vanta una libreria di titoli nauseantemente estesa, con tutti i prodotti acquistati con sufficienza durante gli sconti digitali. Impulsi di oniomania che ci hanno condotto ad aver anche centinaia di titoli senza saperli gestire, lasciandoli lì e giocandoci “quando si avrà tempo”. Chissà quanti di quei prodotti, magari acquistati anche con coscienza e sincero interesse saranno poi portati a termine e considerati, non si sa quando.

I progetti a “lungo termine” di un gioco online sono spesso traditi dalla stessa utenza che richiede longevità sui giochi in cui va ad investire, tra il prezzo del titolo in questione e i season pass truffaldini del caso, che poi inesorabilmente non può e/o non vuole più dedicar tempo al suddetto progetto. L’esempio lampante è The Division, con tutto l’hype che trascinò con sé come si confà ad Ubisoft nel presentare le sue perle, prodotti commerciali preconfezionati e propinati all’utenza media che spende, la stessa che annualmente fa la fila al Gamestop per Assassin’s Creed in quella che reputo una sindrome di Stoccolma inconscia. Il titolo della società francese propone un sistema di gioco unicamente online, con il progressivo sblocco delle aree di una NY serragliata e talebana. I primi mesi mi sembrano furono piuttosto prolifici per il gioco con una utenza presente ed attiva. Poi il tracollo. Ubisoft sembrava ambisse ad un progetto che si estendesse sul piano temporale come è riuscito ad Activision con Destiny, ormai giunto al terzo anno, con un pubblico sorprendentemente fedele. Una fedeltà tradita e malriposta, per quanto in The Division l’utenza sia tuttora presente e certamente se lo acquistate – o se lo possedete già, accendete la console – , non troverete un mondo deserto. Però, potrete constatare come l’utenza sia ridotta drasticamente rispetto ai primi mesi di gioco. Sembra però che non basti questa disponibilità, laddove invece The Division mantiene le sue funzionalità in game. Ma al pubblico non va più come prima di mettercisi sù. Perché? Perché si intrattiene con altro, perché il concetto di temporalità, per quanto è stato considerato nei piani di Ubisoft, è sfuggito, s’è dissipato.

Un mondo infame, ma che continua a puntare insistentemente sul multiplayer dove forse l’utenza gradirebbe incentrarsi sull’esperienza in singolo che forse a molti manca.

Laddove prima la funzionalità online era un servizio aggiunto ad un titolo che offriva il single player, ora è il contrario: l’esperienza in singolo è messa in secondo piano rispetto al gioco in rete con gli altri giocatori.

Forse è bene che si inizi a tornare sui propri passi, riproponendo esperienze individuali ai videogiocatori di cui si sente l’assenza. Le esperienze di gioco in rete sono senz’altro esaltanti ma hanno generato una generazione di videogiocatori competitivi che talvolta non sembrano saper gestire una formula di intrattenimento e di sfida così ampio.

Il multiplayer online ha certamente cambiato il mondo del videogioco, permettendoci di realizzare quel sogno inizialmente concretizzato da Sega col Saturn, prima console casalinga ad usufruire del servizio in rete per poter giocare con altre persone in tutto il mondo. Ora lo si da per scontato, ma il grande passo venne fatto oramai 20 anni fa dalla società giapponese. Un servizio adoperato da pochi all’epoca (considerando soprattutto una comparazione con l’utenza odierna) certo, però fu l’inizio di un percorso che permise ai giocatori di tutto il mondo di condividere le proprie esperienze videoludiche. Un sogno che forse è stato coltivato da ogni sviluppatore del settore prima di oggi, prima di Sega. Oggi è la consuetudine, la prassi, il naturale concetto di videogioco instillato nell’immaginifico collettivo, anche ai “babbani” che non sono addentrati nel mondo dell’intrattenimento elettronico. Eppure, per quanto sia straordinario, sembra non si abbia considerato di come avere un’utenza sempre attiva e presente su ogni progetto che proponga un servizio online non è possibile seppur, sorprendentemente, si riescano ad incontrare giocatori anche su server dimenticati. A me sembra che si generino deserti, lasciati incustoditi dopo anni di attività, di come si tenti di mantenerli attivi per quella poca, fedele utenza. Mondi estesi ed esplorabili abbandonati o disabitati. E di come, inesorabilmente, anche i titoli a cui giochiamo oggi, prima o poi verranno lasciati al caso. Il processo avviene velocemente, considerando come alcuni giochi, per quanto non vengano abbandonati, abbiano una temporalità limitata, perché la tendenza richiama l’attenzione e l’interesse su altri prodotti.

Capita anche che, un gioco uscito lo scorso anno sia già considerato relativamente “vecchio“. Succede che si dimentica in fretta, in un mondo videoludico che ci tartassa di informazioni e che guarda sempre al futuro, lasciandoci smarrire il concetto di temporalità.

 

 

Guru Meditation #1:”Pubblicità”

Ricordo, con una lacrimuccia che scende sul viso, l’epoca delle riviste di videogiochi.

Sì, so benissimo che vengono pubblicate ancora e che riescono a ritagliarsi tutt’oggi il loro piccolo spazietto edicola tra i periodici hi-tech da turbonerd 40 enni.

Ma il potere mediatico che avevano fino a 10 anni fa non era lontanamente paragonabile al ruolo marginale e ininfluente che ricoprono oggi.

Oramai, se si vuole conoscere il parere su un videogioco, ci basta cercar su Google, veder un voto su Metacritic o consultando i soliti siti specializzati e costruirci la nostra opinione, senza neanche leggere la recensione del gioco che ci “interessa“. Con un rapido sguardo, tramite un voto, abbiamo già deciso il destino di quel videogioco, se acquistarlo o no.

Magari si decide di prenderlo in sconto, prefissando già il prezzo che saremo disposti a pagare per averlo ed aggiungerlo nella kilometrica lista di giochi acquistati in digitale, comprati senza particolari attenzioni perché propinati a prezzi troppo allettanti.

Questo processo di giudizio potrebbe portarci direttamente ad effettuar una ricerca su Youtube, evitando di aprir pagine di siti specializzati, vedendo i video gameplay del titolo da sottoporre alla nostra superficiale analisi e bollandolo, non prestando neanche massima attenzione a quei pochi minuti in cui il gioco si mostra. Ancor più influente e repentino è il giudizio se si osserva il video dello Youtuber di fiducia, prendendo per oro colato ogni sua parola. Tutto ciò in un manciata di minuti. Abbiamo metabolizzato le informazioni ed elaborato una rassicurante ma approssimativa critica, quanto basta magari per sfoggiarla sui social network o i forum.

Purtroppo si fa presto  a bollare un titolo, senza neanche averlo provato, senza aver letto interamente una recensione o addirittura senza aver visto completamente un video del gameplay. All’epoca delle riviste videoludiche invece, si leggevano recensioni anche di giochi per cui non si nutriva particolare interesse, ma lo si faceva per onestà intellettuale o comunque per rimanere informati ed aggiornati, per sviluppare delle proprie considerazioni.

In una generazione ipertecnologica in cui è possibile effettuar questo processo di approssimazione anche dal cellulare con disarmante celerità e freddezza, ci si accorge di come l’utenza rischi di compromettere il processo creativo nel mondo videoludico. Infatti, non potete immaginare quanto potere possa aver anche un semplice like, se sommato alla moltitudine di altri milioni di utenti che hanno espresso la loro approvazione o dissenso tramite un solo click.

Anche la sola visualizzazione può contare, indipendentemente da quanta attenzione si sia prestata alla notizia o al teaser.

Ora, non è che ciò debba considerarsi un butterfly effect secondo cui, aprir un link di un video o no, condiziona il destino di suddetto prodotto.

Però, gli sviluppatori ripongono fiducia e danno particolare importanza al parere in rete. O quantomeno, anche se non sembra, può far prevedere l’ipotetico successo o flop commerciale di un titolo.

Un esempio di questa aggressione anonima e passiva è ciò che è accaduto a Federation Force. Presentato all’E3 del 2015, Federation Force ha la sola sfortuna di esser stato presentato ad una conferenza complessivamente deludente per l’utenza Nintendo e di esser un Metroid Prime senza Samus Aran. Tutti i fan aspettano da tempo il ritorno della cacciatrice di taglie intergalattica, da anni assente dai radar e di cui non si sa nulla su un capitolo che la riveda protagonista. La disapprovazione è stata sfogata dunque così, con un torrente di dislikes in una quantità considerevole rispetto agli apprezzamenti. Senza considerare poi i commenti che esprimono marcato disappunto, ampiamente non giustificato o per nulla argomentato.

Federation Force rischiò dunque, ancor prima della sua uscita, di esser un flop preannunciato e che conseguenzialmente potrebbe portar delle perdite alle casse di Nintendo.

Potrebbe sembrar esagerato ma in questo caso, il nuovo Metroid Prime ha rischiato il tracollo dal momento in cui si posiziona sullo scaffale dei negozi laddove la situazione di Nintendo, sul piano commerciale, sembra non è particolarmente rosea negli ultimi tempi (e parlo da aficionados della grande N). Ed effettivamente, oramai uscito nei negozi, Federation Force non rappresenta un successo commerciale, anzi.

Stessa situazione, ma ben più catastrofica, vede protagonista il prossimo Call of Duty che ha ricevuto milioni di pollici versi. In questo caso, rappresenta l’atto di coscienza di tutta quella utenza che, facendo capolino al Gamestop ogni anno per preordinare CoD e ritirando al momento dell’uscita lo stesso titolo dell’anno scorso, peggiorato (o divenuto più assurdo, dipende di pareri) ad ogni nuova pubblicazione, manifesta il proprio disappunto e la frustrazione di sborsar ogni volta 70€ per un facsimile dell’anno precedente appartenente ad una serie arrivata alla frutta. E l’esito delle vendite potrebbe risultar disastroso e affossar un brand che ha permesso ad Activision di rimpinguar considerevolmente il proprio portafogli con entrate sicure ogni anno.

L’utenza è dunque divenuta spietata, sfogando frustrazioni represse con queste forme passive di aggressione mediatica. Rassicurano e salvaguardano l’utente frustrato perché non implicano complicazioni e lo si fa dietro uno schermo. Una utenza che non si cura dei giudizi e che sente di potersi esprimere liberamente, indipendentemente dal peso del giudizio, elargendo con nonchalance commenti inappropriati.

Ci troviamo in una generazione in cui il pubblico è sovrano e l’industria dipende dai suoi capricci. In passato, era invece il contrario: le esigenze del consumatore erano conformi al prodotto che gli veniva fornito ma gli sviluppatori erano capaci di accontentare il pubblico. I giochi venivano fatti certamente per passione e anche per vendere ovviamente, ma si intraprendevano ugualmente percorsi inediti, inesplorati, tentando anche l’azzardo e cercando l’innovazione. Veniva chiesto ai giocatori di riporre fiducia e la fiducia era ripagata.

Ora l’utenza sembra screditar l’operato delle software house e gli sviluppatori, con calma zen, rispondono e lavorano umilmente per offrir un prodotto che possa accontentare un pubblico incontentabile. Mi sembra però che non ci si senta di reagire verso un pubblico pretenzioso ed esigente da cui le società dipendono. I fatturati sono composti da numeri che oramai non si possono più ignorare e il pubblico è sovrano.

In questa apocalittica visione, ci sono comunque molte realtà videludiche che hanno generato un legame armonioso con la propria utenza, ma si tratta pur sempre di società che sviluppano indipendentemente; isole felici dall’utenza pacifica che da il suo sostegno. Gli invasati della rete sono comunque sempre in agguato per screditare un titolo con la loro cultura spiccia.

Prima, l’ardua sentenza relativa al giudizio di un videogioco era responsabilità che spettava al settore mediatico e i lettori si affidavano alle proprie fonti. Per scegliere se acquistare un gioco, si leggeva la recensione, si guardavano gli screen stampati su carta e si immaginava. L’elemento immaginazione s’è completamente dissipato dal momento in cui si ha accesso alla rete e si possono osservare i gameplay di qualsiasi gioco, anche con playthrough che ci rivelano ogni anfratto di un titolo sottoposto a questa visione indiscreta. In un certo senso, questa possibilità rovina un po’ tutto. In passato, la scrupolosa selezione di un gioco avveniva con l’entusiasmo di far un salto nel vuoto, anche con un gioco che magari era stato ben giudicato, con tanto di voto altisonante ma che poteva comunque non piacerti e non convincerti. Era una scoperta, una sorpresa, verso l’ignoto o quel che comunque si presupponeva potesse offrire, a quel che s’era idealizzato leggendo la recensione. Trovo che questo fattore, correre il “rischio” pur affidandosi al proprio sesto senso, le considerazioni personali e il parere che si era costruito leggendo e raccogliendo pareri e informazioni vattelapescacome fosse ciò che davvero rendeva speciale ogni acquisto. Si andava in negozio, si vedeva il gioco nella vetrinetta, chiedevi al negoziante che apriva il vetro, lo faceva scorrere con un suono grattuggiante e ti prendeva quella custodia incellophanata, scintillante e finalmente lo vedevi al di là di quel confine etereo, idealizzato. Pagavi e te ne andavi a casa soddisfatto, entusiasta, spellicolandolo nel tragitto verso casa, non vedendo l’ora di giocarci.

Ora è davvero difficile vivere queste emozioni considerando che al momento dell’uscita di un gioco si conoscono vita, morte e miracoli, anche senza volerlo. Un web indiscreto e guastafeste che lascia trapelare ogni sorta di informazione e indiscrezione.

Vedete l’esempio di Pokémon Sole & Luna. Uscirà a Novembre ma praticamente si hanno nuove notizie ogni giorno al riguardo, di qualsiasi genere. Prima, per le info, dovevi attender ogni mese la rivista che usciva in edicola e magari, data la cadenza relativa alla pubblicazione e i tempi per la stampa, erano pure notizie “vecchie” o comunque non avevano l’immediatezza di oggi, abituati a considerar vecchie anche le notizie di ieri.

Un mondo videoludico che gira velocissimamente, che con i mezzi odierni permette certamente di esser sempre informati ma con una quantità soverchiante di notizie per lo più superflue, ridondanti e capaci anche di rivelar troppo, di guastar quel pizzico di magia che prima rendeva tutto più speciale, più vago, lasciando al giocatore il piacere della scoperta.